
Bergamini quindi avrebbe dovuto recuperare il materiale a 6200 metri e al campo 1, a circa 5500 metri, per poi tentare la cima. Ma il risveglio nel giorno decisivo e stato traumatico: neve, grandine, pioggia. Ai campi alti neve e vento forte. L’unica possiblità di tentare la vetta del MUztagh Ata era quindi persa. Seduto su di un sasso Bergamini ha visto cadere le sue speranze, che si erano invece rafforzate nei giorni precedenti, visto che la condizione fisica era ottimale e l’acclimatamento riuscito. Una delle bellezze dell’alpinismo è proprio l’improbabilità della vetta, che rende una spedizione una vera avventura. La montagna resta la padrona del destino dell’alpinista, resta l’anima selvaggia di una natura che impone le sue gerarchie. Una vetta è persa, ma Riccardo ne sta già puntando un’altra.
Simone Pellico