
Certo è che negli ultimi tempi anche il settore italiano dell’elettrodomestica ha registrato momenti difficili, con tagli pesantissimi all’occupazione di settore, riduzione di ore di lavoro e il colosso italiano Indesit che ha chiesto due anni di cassaintegrazione in attesa che il patron Merloni trovi un “partner”, ovviamente straniero, a cui affidarsi per non colare a picco. L’ennesima, irreversibile perdita di un pezzo di industria italiana, situazione che solo pochi giorni fa il presidente di Confindustria ha giustamente dipinto come “desertificazione industriale”.
Ma nella provincia di Varese accade qualcosa in controtendenza: dove un tempo l’Olivetti lombardo, Giovanni Borghi, aveva avviato una delle prime marche italiane di elettrodomestici, la Ignis, ora gli americani ribadiscono la loro volontà di investire. Nonostante le condizioni fiscali non certo facili. C’è da chiedersi perché.
Forse perché ci si rende conto della bontà del lavoro italiano? Forse perché, a differenza di tante altre imprese nostrane, ci si rende conto che, presente la volontà, si può (e si dovrebbe) ragionare sul lungo periodo, cercando forme di welfare aziendale che coinvolgano i lavoratori e puntando su un’occupazione in grado, un domani, di rilanciare l’economia. Non delocalizzare indiscriminatamente come è tanto di moda fra gli imprenditori nostrani. Siamo dunque ridotti al punto da doverci fare dare lezioni di coraggio dagli americani?
Valentino Tocci