
Accade però che tra chi è nato in Svezia il tasso di disoccupazione sia del 4%, tra gli immigrati del 22. Ovviamente il Paese scandinavo avrebbe la possibilità di assorbire una quota consistente di forza lavoro venuta dall’esterno, ma farlo con aspiranti lavoratori che non parlano la lingua, sono appena arrivati, hanno culture difficilmente integrabili, tendono a chiudersi in ghetti etnici e, peraltro, non è detto che vogliano sempre fornire il proprio contributo anziché usufruire del leggendario stato sociale svedese. Insomma, un bel costo economico. Non ci sono dati precisi sui costi, ma alcuni analisti, nel 2015, calcolavano una spesa pari a 110 miliardi di corone svedesi (quasi 14 miliardi di dollari) l’anno. Non male, per un paese con 10 milioni di abitanti. Non è del resto l’unico problema posto dall’immigrazione massiva nel Paese scandinavo: tra terrorismo, stupri e criminalità, il paradiso socialdemocratico nordico si sta trasformando in un inferno multirazziale.
Giuliano Lebelli
1 commento
era solo questione di tempo… ma il bello arriverà quando lo stato svedese comincerà a dire di no