
Quello che viene pudicamente chiamato “multicomunitarismo” da alcuni stanchi filosofi del pensiero debole occidentale spacciato per anticonformismo fuori tempo massimo, è il terreno ideale non solo per un livellamento continuo della nostra sicurezza sociale e della vivibilità delle grandi aree urbane (gli stranieri sono il 5% dei residenti in Italia, ma il 50% della popolazione carceraria) ma anche per favorire in ogni modo il proselitismo fondamentalista sunnita che fa presa molto efficacemente sul risentimento delle plebi allogene sradicate nei confronti delle nazioni ospitanti. Non è un mistero, per esempio, che l’organizzazione internazionale nota come Fratellanza Musulmana stia rapidamente crescendo non solo nelle nazioni arabe (l’Egitto è un caso lampante in tal senso) ma anche in Europa, grazie alle proprie attività caritative ed educative, nonché al controllo di molti luoghi di culto e di insegnamento sovente edificati a spese della collettività. Gioverà ricordare che la Fratellanza Musulmana (fondata nel 1928 da Al Banna, membro del britannico Institute of Propaganda and Guidance creato per destabilizzare il Medio Oriente) è una organizzazione sunnita il cui scopo dichiarato è quello di applicare la sharia in ogni nazione in cui esistono musulmani, usando la fede islamica come forza di mobilitazione elettorale, o anche passando alla guerriglia come nel caso di Hamas in Palestina, costruita inizialmente per contrastare la “laica” e “socialista” organizzazione di Fatah. Peggio ancora per l’Europa è del resto il favore che godono presso i musulmani residenti tutti quegli imam wahabiti finanziati copiosamente dalla famiglia reale saudita, i famigerati Al Saud, a cui i 
Cosa succederebbe il giorno in cui l’obiettivo non fosse più la Siria, ma l’Europa? Nessuno lo sa di per certo, ma è chiaro che persone a cui è stato fatto il lavaggio del cervello dalla Fratellanza o dagli imam wahabiti sono estremamente manipolabili da forze interessate al caos e alla tensione sociale.
Quando si parla di immigrazione e fenomeni migratori, il lato macroeconomico è importantissimo, ma non dobbiamo scordare un fatto spesso sottaciuto nel nome di un terzomondismo etnicida d’accatto: stiamo scientemente disgregando il fragile equilibrio che regge il nostro tessuto sociale, creando le condizioni adatte affinché gli sradicati di ogni ordine e grado possano (come una volta nel caso del comunismo) riconoscersi in una ideologia mobilitante profondamente antieuropea, antiumana, antinazionale. Nel lungo periodo, questa nostra miopia potrebbe rivolgersi contro di noi in modi che nemmeno possiamo concepire, ed allora a nulla varranno i peana del politicamente corretto, dell’elogio del meticciato e dell’accoglienza a tutti i costi. Popoli diversi per lingua e cultura non possono integrarsi e quindi se vivono sullo stesso territorio entreranno necessariamente in conflitto fra di loro.
Matteo Rovatti