Roma, 18 lug – Ottantanove anni fa, nella notte tra il 17 e il 18 luglio del 1936, iniziava in Spagna l’Alzamiento Nacional. L’insurrezione militare, partita dal Marocco spagnolo, si estese rapidamente alla penisola iberica. Fu l’inizio della guerra civile, uno dei conflitti più sanguinosi e ideologicamente radicalizzati del Novecento.
L’Alzamiento del 18 luglio
Non si trattò di un semplice colpo di Stato. L’Alzamiento fu la risposta di una parte del Paese al clima di violenza e anarchia che si era imposto nei mesi precedenti. Dopo la vittoria elettorale del Fronte Popolare – un’alleanza tra comunisti, socialisti e repubblicani – la Spagna conobbe un’ondata di omicidi politici, espropri, incendi di chiese e persecuzioni religiose. La miccia che accese la rivolta fu l’assassinio del deputato monarchico José Calvo Sotelo, rapito e ucciso da uomini della polizia politica vicini ai socialisti. Senza dubbio la guerra di Spagna fu il laboratorio della futura Seconda guerra mondiale. Sul fronte repubblicano arrivarono aiuti massicci dall’Unione Sovietica e dai movimenti comunisti internazionali, ma anche dai futuri “Alleati”: Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Le uniche forze che scesero in campo con i nazionalisti l’Italia e la Germania. Per tre anni, la penisola iberica diventò il campo di battaglia di due concezioni opposte del mondo.
Il fronte rosso guidato da Mosca
Non fu una lotta per la “democrazia”, come si racconta ancora oggi. La sinistra internazionale aveva un progetto chiaro: trasformare la Spagna in una repubblica bolscevica satellite di Mosca. E infatti, oltre alla guerra tra franchisti e repubblicani, si combatté una guerra interna allo stesso fronte rosso, con le purghe e le esecuzioni di anarchici e trotzkisti ordinate dagli uomini della NKVD sovietica e da emissari come Palmiro Togliatti. A sostegno dei repubblicani arrivarono i volontari delle Brigate Internazionali, tra cui la Brigata Lincoln, composta da americani, e armi sovietiche in quantità: carri armati, aerei, consiglieri militari e la polizia politica di Stalin. Perfino George Orwell ne diede testimonianza diretta nel suo Omaggio alla Catalogna, denunciando il clima di terrore instaurato dagli uomini di ,Mosca a Barcellona e nel resto del Paese. Sul fronte opposto, non va dimenticato che Franco guidò una variegata coalizione formata da nazionalisti, carlisti, falangisti e tradizionalisti cattolici. Il generale si impose come leader unico dopo la morte in combattimento degli altri generali protagonisti del sollevamento, e dei leader politici nazional-rivoluzionari come José Antonio Primo de Rivera fucilato il 20 novembre. La sua vittoria, il 1° aprile 1939, pose fine alla guerra e inaugurò un lungo periodo di potere.
I volontari italiani
Nel conflitto intervennero direttamente anche le truppe italiane del Corpo Truppe Volontarie e le Camicie Nere della MVSN. La partecipazione italiana è ricordata quasi esclusivamente per la sconfitta di Guadalajara, ma in realtà le truppe fasciste furono protagoniste in tutte le principali offensive nazionaliste, contribuendo alla conquista di Bilbao, Santander, Aragona, Levante e Barcellona. Gli italiani furono un elemento chiave nella vittoria di Franco, sia sul piano militare che simbolico. L’Italia pagò un prezzo alto: oltre 3.000 caduti tra i militari italiani, 14 miliardi di lire spesi in aiuti militari, e un impegno logistico che pesò sull’economia alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Ma come ammise lo stesso Galeazzo Ciano, l’obiettivo non era un’espansione coloniale. Si trattava, nelle intenzioni italiane, di impedire la bolscevizzazione della Spagna e del Mediterraneo.
Il 18 luglio è una data da ricordare
Oggi la Guerra Civile Spagnola continua a dividere storici e opinione pubblica. I crimini e le repressioni del franchismo sono noti, ma troppo spesso si dimenticano le atrocità commesse dal fronte rosso: quasi diecimila religiosi assassinati, migliaia di chiese distrutte, purghe interne tra gli stessi rivoluzionari. L’Alzamiento del 18 luglio 1936 resta, piaccia o no, un evento spartiacque per la storia d’Europa. Evitò che la Spagna finisse in mano a Stalin e ai suoi emissari e fermò l’espansione del comunismo nel Mediterraneo. In tempi di revisionismi a senso unico, ricordare tutto questo è un dovere. Senza retorica, ma anche senza ipocrisie.
Sergio Filacchioni