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Il ritorno del “Lungo Giorgio”: il cannone nemico che ferì Asiago e l’onore d’Italia

by La Redazione
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Roma, 23 ott – Riemerge dal passato uno dei simboli più imponenti della Prima Guerra Mondiale, l’arma con cui l’Impero austro-ungarico tentò di piegare la volontà italiana. Dopo oltre un secolo, il “Lungo Giorgio” potrebbe tornare alla luce: un monito di ferro e storia per non dimenticare il sacrificio dei nostri soldati.

Un gigante nato per distruggere: il Lungo Giorgio

Era l’alba del 15 maggio 1916. Le cime dell’Altopiano di Asiago si destavano sotto un cielo gonfio di presagi. Poi, improvvisamente, il rombo. Un boato profondo, mai udito prima tra le montagne: il “Lungo Giorgio” aveva parlato. Da una postazione nascosta nei pressi di Calceranica al Lago, in Valsugana, il colosso d’acciaio austriaco cominciò a riversare il suo fuoco su Asiago, simbolo dell’Italia che resisteva. Il cannone, costruito dalla Škoda, era un mostro di ingegneria bellica: 35 cm di calibro, oltre 15 metri di lunghezza, un peso vicino alle 100 tonnellate e proiettili da più di 700 kg. La sua gittata superava i 30 chilometri.Ogni colpo, scagliato con precisione micidiale, portava con sé la furia di un impero deciso a punire l’Italia “traditrice”, rea di aver abbandonato la Triplice Alleanza.Ma se il “Lungo Giorgio” seminava distruzione, non riuscì mai a piegare il cuore e la dignità di chi difendeva l’Altopiano.

Il ferro sepolto e la memoria che riaffiora

Oggi, a oltre un secolo da quella primavera di fuoco, la storia del “Lungo Giorgio” torna a far parlare di sé. Due ricercatori italiani, Danilo Pellegrini e Luciano Chiereghin, hanno individuato nel Trevigiano una grande massa metallica sepolta a quattro metri di profondità. Tutto lascia credere che si tratti proprio del cannone che, dal 1916, aveva fatto perdere le proprie tracce. Forse fu smontato e abbandonato nella ritirata austro-ungarica, forse occultato di proposito per non cadere in mani italiane. Oggi, la terra che per decenni ne ha custodito il silenzio potrebbe restituirlo alla storia.Un monumento al sacrificio e alla rinascitaSe il ritrovamento sarà confermato, il “Lungo Giorgio” potrà diventare molto più di un reperto bellico: potrà essere un monumento al coraggio e alla sofferenza di chi combatté e morì tra le trincee, difendendo la patria e la libertà.Nelle valli e sui monti di Asiago, i nostri soldati resistettero contro eserciti più numerosi e meglio equipaggiati, pagando un prezzo altissimo in vite umane.

Eppure non cedettero

Fu quella tenacia, quell’amore per la terra e per la bandiera, a scrivere una delle pagine più nobili della nostra storia. Recuperare il “Lungo Giorgio” non significa soltanto riportare alla luce un’arma del passato: significa onorare la memoria di chi seppe dire “no” alla resa, di chi affrontò la tempesta di ferro con il volto coperto di fango ma lo sguardo rivolto all’Italia. Oggi, a più di cent’anni di distanza, il ritorno di quel cannone nemico ci invita a riflettere: la forza non è nell’acciaio, ma nello spirito di chi difende la propria patria. Le granate del “Lungo Giorgio” caddero su Asiago, ma non riuscirono a cancellarne l’anima. E quella stessa anima, fiera e indomita, è ancora la nostra.“Dalle macerie di Asiago e dal silenzio delle montagne nasceva l’Italia nuova, l’Italia che non arretra.”

Fulvio Cobaldi

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