
Nel frattempo ieri, dopo la rivolta degli immigrati a Torino, che hanno messo a ferro e fuoco il quartiere ormai occupato, in balia dello spaccio e del degrado, il presidente della Regione Piemonte neanche per sbaglio si è fatto scappare la parola “rimpatri”, parlando piuttosto di spostare i sedicenti profughi: “In merito ai fatti avvenuti questa notte all’Ex Moi”, ha dichiarato, “sono convinto si debba prima di tutto mettere fine immediatamente a ogni forma di violenza e intimidazione e sarà poi necessario affrontare il problema del trasferimento degli occupanti in altre aree che possano ospitare queste persone in un contesto di legalità, un po’ come si fece un tempo con gli occupanti della Clinica San Paolo di piazza Sabotino, pur sapendo che qui il problema è molto più grande e complesso di allora. Siamo come sempre disponili a collaborare per trovare soluzioni adatte e praticabili per risolvere il problema”. Peccato che di risolvere veramente il problema nelle proposte avanzate non c’è traccia, mentre l’amministrazione a Cinque Stelle non sembra certo in grado di risolvere la faccenda in altro modo.
Nel frattempo, l’emergenza immigrazione ha portato i militari nei quartieri a rischio di Milano e già, dopo i primi controlli, c’è chi denuncia, in un articolo pubblicato dal Corriere: “Mio figlio è stato fermato solo perchè nero”. Per quelli del Corriere, infatti, sembrerebbe tutto apposto: alla caserma Montello, la struttura che ospitava l’esercito e che ora è diventata un centro profughi, è nato Destiny. E’ successo mercoledì scorso ed il Corrierone è subito pronto a trasformarla in una storia strappalacrime a favore della propaganda immigrazionista, con tanto di intervento del direttore del reparto, Enrico Ferrazzi, che afferma: “Un evento come questa nascita ha la forza di abbattere i pregiudizi contro gli immigrati”. In che modo un evento del tutto naturale dovrebbe contribuire a cancellare i supposti pregiudizi non è chiaro, quel che è chiaro invece è che, anche in questo caso, non c’è traccia di profughi: “Sono venuta qui perché il mio paese è povero, vorrei rimanere con mio figlio”, commenta Rachel, giovane nigeriana e madre del neonato, chiamato così perché, spiega, “mi sono accorta di essere incinta quando sono arrivata in Italia e mi è sembrato un segno del destino”. Vuole lavorare, racconta: “Mi va bene tutto. Pulire, curare il verde pubblico, posso fare qualsiasi cosa. Non ho studiato, ma voglio imparare”. Tutto molto bello, tutto molto commovente, come la festa in preparazione alla caserma. A chi mai verrebbe in mente di mandar via dal nostro paese una madre col suo bambino appena nato. Peccato che poi le statistiche, buone solo quando conviene, raccontino di una prevalenza di uomini tra i 18 e 35 anni tra gli immigrati giunti in Italia. Anche tra loro, la percentuale di rifugiati è irrisoria. Ma al Corriere non importa. Salvo poi lanciarsi in reportage allarmistici quando la situazione sfugge di mano, come nei quartieri di Corvetto, via Padova o San Siro.
E, proprio nel bel mezzo di tutto questo, giovedì ben duecento immigrati, ospiti del centro di Bresso, dopo un corteo per le vie del centro, da San Babila a Corso Monforte, hanno manifestato di fronte la prefettura con il sostegno dei soliti comitati di sinistra: secondo loro il centro, che attualmente conta 600 posti letto, non sarebbe abbastanza accogliente ed ospitale. Gli italiani, ormai è chiaro, non sono la priorità.
Emmanuel Raffaele
4 comments
“[…] soluzioni adatte e praticabili per risolvere il problema”. Cari nemici della Regione e della Nazione Italiana, ve la offro io la soluzione adatta, “La soluzione Finale della questione immigrazione”.
Capisco che il mio sia un pensiero leggermente sciocco però, dal momento che ci raccontano che queste persone affrontano un viaggio lunghissimo e tremendo per arrivare fin qui, ogni qual volta i giornali/telegiornali parlano di donne incinta, non posso fare a meno di esclamare: “Però il tempo e le energie per trombare durante il viaggio le trovano!”.
io invece penso “non sono stato io”….affermazione cinica forse volgare ma assolutamente reale.
Rimanere gravide non è una scheggia di granata che ti ferisce sul serio,come successo alla mia amica Luciija di Sarajevo durante la guerra nei Balcani, ma una cosa assolutamente naturale e prevedibile.
PS ma i futuri padri in tutte queste analoghe situazioni (in quella medesima caserma a Milano ci sono altre sette signorine africane in attesa) che fine hanno fatto ?
È nato un bebè?… SOPPRIMETELO SUBITO!