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L’Europa come problema: il ritorno del pensiero politico europeo

by Sergio Filacchioni
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Roma, 24 ott – L’Europa non è soltanto un territorio, né un insieme di istituzioni. È un problema — e insieme una possibilità. È questa la tesi che attraversa Europa mon amour. Orientamenti per un nuovo nazionalismo europeo (Passaggio al Bosco, 2024) di Giancarlo Ferrara, al centro della recensione di Francesco Ingravalle pubblicata su Kulturaeuropa. Un saggio che riporta il dibattito europeo al suo livello originario: quello delle idee-forza, della storia lunga e della responsabilità politica.

Oltre l’Unione: l’Europa come destino

Ferrara distingue nettamente tra l’idea di Europa e l’Unione Europea. La prima è una spinta antica e organica, che affiora dalle guerre persiane all’Impero Romano, dal Sacro Romano Impero fino alle grandi lacerazioni del Novecento. La seconda è la caricatura burocratica e oligarchica di quell’idea: un sistema in cui il potere tecno-finanziario ha sostituito la sovranità politica, producendo un continente paralizzato, diviso e dipendente. L’Europa moderna, scrive Ingravalle, ha attraversato secoli di tensioni tra modelli organici e modelli oligarchici, tra Stati comunitari orientati al bene comune e Stati demagogici o plutocratici in cui il potere si concentra nelle mani di pochi. L’oggi rappresenta il punto più basso di questa parabola: una “plutocrazia calmierata”, dove le istituzioni democratiche sopravvivono solo come forma, svuotate di sostanza.

La crisi del liberalismo e la fine del soggetto politico

L’analisi di Ferrara è impietosa: la crisi non è economica ma antropologica e politica. La digitalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia hanno dissolto il soggetto collettivo — popolo, classe, comunità — e con esso ogni forma di rappresentanza reale. Caduto il Muro di Berlino, scomparso il socialismo storico, anche le democrazie occidentali hanno perso la loro funzione mediatrice. Il risultato è una massa disgregata, priva di rappresentanza, priva di scopo, preda del potere economico globalizzato. In questo scenario, parlare di nazionalismo europeo appare paradossalmente necessario: non come nostalgia degli Stati-nazione, ma come risposta rivoluzionaria all’imperialismo tecno-finanziario che domina tanto a Ovest quanto a Est. L’Europa potrà rinascere solo se saprà darsi una forma politica autonoma, uno Stato organico federale, fondato sulla rappresentanza delle competenze, sulla solidarietà sociale e sulla difesa della sovranità continentale.

Né Washington né Mosca

Ingravalle riprende il filo: “Nessun sistema autocratico è europeo”. Né i modelli oligarchici occidentali né le autocrazie orientali rappresentano un’alternativa autentica. Il capitalismo è uno, e agisce oggi in forme diverse ma complementari, dalla Silicon Valley a Pechino. L’unica alternativa è una terza via europea, capace di opporre alla sovranità dell’algoritmo la sovranità del politico, e alla logica del profitto quella del bene comune. Da qui la proposta di Ferrara di una nuova architettura istituzionale: un Parlamento europeo trasformato in Camera delle competenze, una difesa integrata e indipendente dalla NATO, una politica mediterranea e africana comune per riaffermare la presenza europea nel mondo. È il ritorno dell’idea di Europa potenza, capace di costruire ordine, sicurezza e giustizia sociale su scala continentale.

L’utopia relativa

Citato da Ingravalle, Marcuse distingueva tra utopia assoluta e utopia relativa. L’unificazione europea — e il suo riscatto politico — appartiene a quest’ultima: un’idea che può realizzarsi perché già inscritta nelle contraddizioni del presente. “Mai l’idea di un nazionalismo europeo è stata più inattuale e più urgente”, scrive Ingravalle: inattuale perché priva di un soggetto politico, urgente perché necessaria alla sopravvivenza della civiltà stessa. L’Europa, allora, non è un mito da celebrare ma un problema da risolvere. E come ogni problema politico, chiede idee forti, volontà e organizzazione. Europa mon amour segna un passo avanti in questa direzione: un libro che restituisce alla parola “Europa” il suo peso storico e rivoluzionario, contro la rassegnazione liberal-liberista e l’inerzia del presente.

Sergio Filacchioni

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