
Dumont non ha alcuna intenzione di far ridere sul serio. La sua comicità è goffa, scontata, assurda appunto. Tutto avviene sul piano di un’irrealtà onirica e, non a caso, su uno sfondo noir. È una comicità di contrasto. Di contrasto con una realtà che filtra attraverso gli episodi di cronaca da film giallo, con le sparizioni ed il terribile segreto che nascondono, e l’ambientazione “verista” del mondo povero e terribile dei pescatori. La lotta di classe è, più che altro, nell’incomunicabilità tra i due mondi e nell’incontrarsi soltanto nei meandri oscuri del lavoro servile e del crimine. Se da un lato c’è un mondo borghese finto, abitato da maschere di inetti e debosciati incestuosi, rappresentato attraverso una goffaggine parolaia, cerimoniosa ed istrionica che, forse, sarebbe comica in altro contesto, dall’altro, proletariato e sottoproletariato, al contrario, comunicano attraverso i silenzi e gli sguardi ed il loro aspetto è molto più reale, fino ad essere terrificante. In questo mondo non ci sono maschere e le brutture non vengono nascoste dalle apparenze. Tutt’altro.


In tutto questo contesto, il personaggio senz’altro più goffo, col suo peso eccessivo e la sua inefficienza, è sicuramente il commissario Alfred Machin, che segue fin dall’inizio il caso delle sparizioni e che rimane inutilmente al centro della vicenda fino alle clamorose scene finali (“mi gonfio perché non scopro niente”), mostrando di essere riconducibile – attraverso i suoi atteggiamenti e gli atteggiamenti dei borghesi nei suoi confronti – ad un mondo borghese pomposo, formale e poco pratico, del tutto distaccato dalla realtà.

Emmanuel Raffaele
2 comments
Concordo con te. Film molto bello ma alla fine non aggiunge e toglie nulla. Gli altri film di Dumont sono migliori.
Concordo con te. Film molto bello ma alla fine non aggiunge e toglie nulla. Gli altri film di Dumont sono migliori.