
Su quanto sopra Il Primato Nazionale ne ha apertamente discusso: dagli scandali di “cittadini migranti” in tutte le salse utilizzati come serbatoio di voti alla difficoltà di certificare il voto espresso, all’effettivo numero dei votanti e così via. Quanto sopra però è solo un’aspetto delle Primarie: il problema più grosso è forse figlio diretto della democrazia diretta, ovvero l’essere scelto da un numero di persone con X sul foglio non certifica l’essere dotato della verve necessaria per il ruolo per cui si è stati scelti.
E’ il caso di Milano e del Movimento 5 Stelle. E’ infatti ufficiale che Patrizia Bedori, vincitrice della Primarie di novembre 2015, ha ritirato la propria disponibilità come candidato sindaco per il capoluogo lombardo. Primarie che avevano scontentato molti militanti: solo 200 persone avevano partecipato alla presentazione dei candidati il 3 novembre. E su oltre 1800 aventi diritto (il Movimento aveva dato la possibilità di voto solo ai residenti milanesi) solo 295 si erano poi presentati all’unico seggio a votare con “metodo Condorcet”. Ora il ritiro. Il motivo? La pressione dei media e la “macchina del fango”. In realtà i media di lei se ne sono occupati davvero poco; pare che la pressione sia stata tutta interna da parte del “cerchio magico” che ha confermato l’esito delle votazioni solo 20 giorni dopo le elezioni e (sembra) numerosi confronti interni. Pressione che non si è però mai abbassata tra battute di Beppe Grillo (“Non vinceremo perché i milanesi preferiscono il manager in giacca e cravatta”) e Dario Fo (“Il problema è vedere se è in grado di gestire qualcosa di grande”).
La faccenda si è finalmente chiusa: Bedori ritira la sua candidatura, al suo posto potrebbe venire scelto addirittura il terzo classificato ( Gianluca Corrado ) che gode di un certo credito presso Casaleggio e non il secondo ( Livio Lo Verso ) che aveva già da tempo ritirato la sua disponibilità. Insomma: a cosa sono servite le primarie?
Stefano Casagrande