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Open Fiber: la storia del triangolo tra Tim, Enel e Cdp

by Salvatore Recupero
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Roma, 23 giu – La rete di Open Fiber potrebbe essere rilevata da Telecom Italia. “In relazione al susseguirsi di indiscrezioni sugli organi di stampa – si legge in un comunicato stampa dell’azienda guidata da Luigi Gubitosi – Tim informa di aver sottoscritto con Cassa Depositi e Prestiti ed Enel un accordo di confidenzialità volto ad avviare un confronto finalizzato a valutare possibili forme di integrazione delle reti in fibra ottica di Tim e Open Fiber, anche attraverso operazioni societarie”. Ancora siamo in una fase puramente interlocutoria come sottolinea la nota della società: “L’obiettivo del confronto è di verificare la fattibilità dell’operazione, le relative modalità ed il perimetro di attività oggetto di un possibile accordo, in funzione della volontà delle parti e del quadro normativo e regolatorio di riferimento. In esecuzione del suddetto Accordo le parti si atterranno alla più stretta confidenzialità”. È evidente, dunque, che ci sono ancora troppi i nodi da sciogliere. Andiamo con ordine.

Lo scenario possibile

Prima di addentrarci nel cuore delle trattative è necessario conoscere meglio Open Fiber. Essa viene costituita nel 2015 al fine di creare una rete d’accesso indipendente basata sulla fibra ottica a banda ultra larga in tutte le città italiane. La società guidata da Elisabetta Ripa nasce nel 2015, le sue azioni sono per metà detenute da Enel mentre l’altro 50% è in mano alla Cassa Depositi e Prestiti. Come detto c’è assoluto riserbo sulle modalità con cui si svolgerà l’operazione.

Secondo lo scenario più accreditato, Cdp (cha ha in mano il 9,9% di azioni Telecom) dovrebbe conferire la sua quota di Open Fiber a Telecom in cambio di azioni dell’ex monopolista. Se le cose andassero così, la società controllata dal Tesoro potrebbe diventare il primo azionista di Telecom. La restante parte di Open Fiber detenuta da Enel verrebbe acquistata dal gruppo di Gubitosi pagandola in contanti. Ovviamente fin qui si tratta solo di ipotesi. Stiamo, infatti, facendo i conti senza l’oste. Quando si giungerà ad un progetto concordato la parola passerà agli azionisti Telecom, in primis Vivendi che, col suo 23,94%, conserva un implicito diritto di veto.

Il nodo del prezzo

La riuscita dell’operazione dipende anche dal prezzo con cui verrà valutata Open Fiber. Se per alcuni analisti il valore si aggira intorno ai tre miliardi, secondo Mediobanca l’azienda può valere fino a 8 miliardi. Come è facile immaginare la trattiva si può benissimo incagliare su questo punto. La situazione finanziaria di Telecom non è delle migliori: pesano i 25 miliardi di debiti netti e il titolo che stagna a 0,46 euro. Per questo la società guidata da Gubitosi pare che non sia disposta a spendere più di 2,5 miliardi di euro. A queste condizioni Enel che ha un diritto di prelazione non sarebbe disposta a vendere. L’integrazione delle due reti è dunque ancora difficile da raggiungere.

Rischi e opportunità di una rete unica

Ancora è presto per capire come andrà a finire questa vicenda. Il grande risiko delle telecomunicazioni ci riserverà ancora altre sorprese. Purtroppo però, non si tratta di un gioco di società. In ballo c’è l’interesse nazionale. Se si creasse una “rete unica gestita da un soggetto neutrale” Telecom sarebbe fortemente indebolita a vantaggio delle grandi aziende straniere. Al contrario qualora l’ex monopolista pubblico riuscisse a rilevare la società guidata da Elisabetta Ripa, le cose cambierebbero. Ci troviamo di fronte ad un bivio in cui è la politica a dover indirizzare il mercato e non viceversa.

Nel dialogo tra Tim, Open Fiber, Enel e Cdp, il governo tramite quest’ultima ha il dovere di far sentire la propria voce.  La diffusione della fibra ottica è un’infrastruttura strategica. Per questo lo stato non può rimanere a guardare lasciando spazio alle grandi aziende private.

Salvatore Recupero

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