Home » Riconoscimento facciale ai tornelli: la morte dello stadio

Riconoscimento facciale ai tornelli: la morte dello stadio

by Sergio Filacchioni
0 commento
riconoscimento facciale

Roma, 2 ott – Il riconoscimento facciale entra allo stadio. Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, ha aperto a nuove procedure di sicurezza per l’accesso dei tifosi prima delle partite. Dopo i fatti del derby tra Real Madrid e Atletico – partita sospesa dopo il gol del Real in seguito ad un fitto lancio di oggetti in campo – “l’Italia non può ritenersi al di sopra del problema“. Un assist perfetto per uccidere definitivamente il tifo, e in generale l’idea di stadio come momento di rottura della routine quotidiana.

Il riconoscimento facciale negli stadi

Dopo l’ormai storica “tessera del tifoso“, la Serie A sembra voler impartire una nuova stretta sul mondo del tifo organizzato: perchè parliamoci chiaro, sistemi come il riconoscimento facciale sono misure poliziesche che non hanno come obiettivo quello di “riportare le famiglie negli stadi“, forse per fare quello bisognerebbe dare una “controllatina” ai prezzi (e comunque nessuno ha mai visto mamma, papà, figlio e figlia tutti insieme allo stadio come una sitcom), ma bensì quello di punire i comportamenti anomali o tutto ciò che si deciderà essere anti-sportivo. Ma può essere considerato il tifo anti-sportivo? Le curve, i settori “caldi”, non fanno parte dello stesso patrimonio di cui fanno parte le bacheche dei Club? Come sempre, la panacea di tutti i mali viene trovata sempre in una misura restrittiva, compressiva, punitiva: lo stadio, come oasi di libertà e momento di catabasi negli strati più inferi della nostra psiche collettiva sembra che sia destinato a riprodurre i medesimi schemi del resto del mondo. Una telecamera puntata. Una foto in un database – come se multinazionali e social non avessero depredato già abbastanza informazioni – e una spada di Damocle sulla testa: non ti muovere, non bestemmiare, non ti azzardare ad essere qualcosa di più di un semplice spettatore pagante. De Siervo immagina così il futuro ingresso ad una partita: “All’ingresso dello stadio, passando sul tornello al biglietto verrà associato il nominativo, la posizione, al nostro volto. Queste immagini verranno custodite in un server criptato a disposizione delle forze dell’ordine, non delle squadre di calcio o della Lega. Nel caso in cui si dovessero verificare dei fatti di attenzione da parte delle forze dell’ordine, le immagini verranno recuperare e queste persone daspate“.

Dobbiamo preoccuparci?

Qualcuno dirà: “se non hai niente da nascondere non dovrai preoccuparti“. Il ragionamento sembra logico, ma lo stadio e il tifo non lo sono mai stati infondo. Chi va allo stadio non ci va per essere “individuato”, ma per sentirsi parte di una collettività istintiva, passionale, illogica. Che bisogno c’è di tutto questo controllo? Non bastano poliziotti, digos, steward, tornelli, perquisizioni, divieto di portare cibo e alcol per rendere già di per sè l’accesso allo stadio una grandissima macchina di “prevenzione”(leggere anche “rottura di pal*e”)? Non bastano i daspo che la polizia elargisce già in lungo e in largo? Viviamo in una Nazione iper-normativa che non riesce a pensare ad altro che “sorvegliare e punire“. E quale sarebbe l’alternativa? Il monopolio televisivo di poche reti. Perchè contestualmente alla battaglia contro il tifo organizzato si combatte anche quella contro la “pirateria digitale”: «Il calcio si mantiene grazie ai ricavi che vengono dal pubblico, attraverso la presenza negli stadi, ma soprattutto attraverso i ricavi della televisione. È facile comprendere come se ci sono 300 milioni di euro che mancano all’appello, i conti delle grandi aziende non tornano più e anche chi gestisce i diritti deve accusare una riduzione. Che poi sono i soldi che mancano al calcio italiano per vedersi garantito la presenza di grandi campioni come in passato», ha aggiunto De Siervo. Certo, perchè il problema del calcio sono sempre i tifosi che non pagano abbastanza. C’è sempre un pirata o un bandito che impedisce alla Nazionale di qualificarsi ai mondiali. Il capro espiatorio è sempre l’ultras: e questo, almeno negli ultimi trent’anni, non è mai cambiato.

Arresti a casaccio

Ma una tecnologia va sicuramente giudicata pragmaticamente: l’approccio “tecnosoluzionista” che guida le forze dell’ordine, dotate di strumenti tecnologici avanzati e intrusivi come il riconoscimento facciale, regge la prova della realtà? In merito alle errate identificazioni di sistemi di sorveglianza di questo tipo si potrebbero citare molti studi. Sin dal 2018 ricercatrici come Timnit Gebru e Joy Boulamwini hanno messo in guardia la comunità scientifica e la cittadinanza rispetto alle discriminazioni operate da sistemi basati su algoritmi per l’identificazione di persone, e a scopi di sicurezza. I database che i sistemi di riconoscimento facciale utilizzano per operare una corrispondenza tra la foto di un volto, estrapolata come in questo caso dalle videocamere dello stadio, e un nome e cognome (un’identità) sono inaccurati. Secondo un’analisi dell’associazione European Digital Rights (EDRi), che si occupa di diritti digitali, e Football Supporters Europe (FSE), associazione non profit che riunisce i tifosi di calcio dell’Unione europea, anche altri stadi europei hanno introdotto o testato tecnologie simili. Il caso più eclatante è l’algoritmo impiegato dalla polizia in un test nella finale di Champions League a Cardiff nel 2017 che ha portato all’identificazione sbagliata, sia alla stazione sia nello stadio, di circa duemila persone che erano state scambiate per criminali ricercati. Non ci sono stati arresti veri e propri, ma le persone sono state comunque fermate per una verifica. Altri casi riguardano lo stadio del Valencia, che usa il riconoscimento facciale agli ingressi; e ancora lo stadio della squadra francese del Metz, che dopo aver usato in via sperimentale un sistema per monitorare persone sottoposte a Daspo e altre misure anti-terrorismo, è stato oggetto di un provvedimento da parte dell’Autorità per la privacy francese che ha giudicato il sistema illegale. C’è quindi qualcosa di non detto in questa smania securitaria: l’assoluta fallibilità ed inutilità di questi sistemi già sperimentati – apertamente o segretamente. Se dovesse arrivare l’ok del Garante, potrebbe aprirsi una stagione molto grigia per il calcio italiano: l’unico delirio sarà quello di onnipotenza.

Sergio Filacchioni

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati