Roma, 26 set – A un certo punto della narrazione, non più tardi di qualche mese fa, sembrava che Elon Musk potesse diventare l’uomo nuovo della politica statunitense. Ma, dopo aver lanciato – tanto mediaticamente quanto a livello finanziario – la corsa alla seconda presidenza Trump ed essersi insediato a capo dell’organizzazione governativa temporanea per ridurre sprechi federali e snellire la burocrazia, l’istrionico sudafricano alla fine del mese di maggio ha deciso di ritornare ai suoi affari.
Un addio ininfluente
Tesla, SpaceX, Neuralink, OpenAi. Ovvero, come fatto notare a suo tempo da qualche analista, il numero uno di X ha fatto ‘marcia indietro’ per poter nuovamente incidere sul reale secondo il suo modus operandi imprenditoriale. Spiccatamente visionario, sicuramente controverso ma difficilmente inquadrabile nelle categorie con le quali siamo abituati a confrontarci nella vita di tutti i giorni.
Proprio nei giorni dell’addio al governo a stelle e strisce, Guido Taietti – autore per Altaforte Edizioni di ‘Musk, il tecnosciamano’ – intervistato dal Secolo d’Italia spiegò che “l’uscita dalla Casa Bianca è quasi ininfluente, l’importanza di Musk sta in quello che rappresenta. Le esigenze di un segmento tecnologico, economico, produttivo diverso da quello che negli ultimi vent’anni ha imposto il progressismo come narrazione mainstream occidentale”.
Musk e i media europei
Ora, al di là delle complessità nel rapporto con il padre (figura ampiamente trattata anche da Taietti nel suo libro: secondo recentissime rivelazioni del New York Times avrebbe abusato sessualmente dei figli) e oltre ai giudizi personali espressi da Steve Bannon direttamente al Corriere della Sera – “un tech bro ateo e demoniaco” – sotto l’arco alpino a breve si potrebbe tornare a parlare di Musk. Almeno per un paio di motivi, anche abbastanza importanti.
Andrea Stroppa, referente dell’influente imprenditore in Italia, avrebbe infatti suggerito al suo mentore, interessato ad investire in un (non meglio precisato) media europeo, di dare un’occhiata proprio alla nostra Nazione. Siamo ancora nel campo delle possibilità, ovviamente. Ma un’eventuale discesa in campo editoriale di colui che per disponibilità e grancassa risulta essere (nel senso lato del termine e almeno a livello occidentale) tra i più importanti influencer di questo passaggio storico, qualche equilibrio – per così dire – potrebbe spostarlo. Anche in maniera positiva, a patto di saper surfare intelligentemente l’onda.
Un’alternativa continentale
Passando al secondo punto, molto più concreta – secondo quanto filtrato in questi giorni – sarebbe l’ipotesi di accordo tra l’esecutivo presieduto da Giorgia Meloni e Starlink (costellazione satellitare per accedere ai servizi internet in banda larga a bassa latenza).
Un investimento da 1,5 miliardi di euro che ha già fatto storcere il naso a qualcuno. Non solo perché – nei fatti – si tratterebbe di soldi pubblici versati nelle casse di una realtà privata americana – particolare, quello del libertario in affari con lo Stato, sottolineato più volte nel volume di Taietti. Ma anche per il motivo che, su un altro tavolo, l’Italia sarebbe già operativa nella progettazione di Iris2 (Infrastruttura per la Resilienza, l’Interconnetività e la Sicurezza). Ossia una rete di 290 satelliti ideata per offrire comunicazioni sicure a governi e agenzie del Vecchio Continente, risposta europea alla suddetta creatura muskiana.
Starlink o Iris2? Entrambi, grazie
Inoltre sul finire dello scorso anno solare il Comint ha dato il via libera all’Asi (Agenzia Spaziale Italia), la quale potrà procedere con uno studio per verificare l’eventuale fattibilità di una ‘costellazione’ nazionale in orbita bassa.
Con il progetto Iris2 che non vedrà la luce prima del 2030, Starlink rimane – ad oggi – la principale soluzione, “disponibile ed in continua evoluzione” come riportato nella relazione presentata alle Camere dallo stesso Comitato interministeriale per le Politiche relative allo Spazio e alla Ricerca Aerospaziale.
È vero, da queste parti dipendere dall’estero – americani nel caso specifico, ma russi o cinesi poco cambierebbe – non piace a nessuno. Eppure siamo costretti a fare buon viso a cattivo gioco. Almeno per il momento: le risposte attuali non saranno necessariamente le stesse in un domani poi non così lontano. A patto di voler iniziare a correre con le proprie gambe.
Marco Battistini