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Saluti muskiani: l’esaurimento nervoso della sinistra e un terreno da seminare

by Marco Battistini
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Roma, 22 gen – Dal figlio del secolo alla coppia (politica) del momento il passo è stato breve. In questo mondo sempre più social, dove anche l’informazione viaggia alla velocità di uno scroll, il dibattito pubblico si ripolarizza in men che non si dica. Ecco che, dopo i dolori del giovane Luca, ognuno – soprattutto in una sinistra a rischio esaurimento nervoso – ha voluto dire la propria sulle recenti uscite dei nuovi idoli di certa destra istituzionale, saluti muskiani dalla quarantasettesima presidenza a stelle e strisce.

Dai provvedimenti di Donald al braccio di Elon

Difficile andare con ordine, perché – va detto – i due imprenditori di carne al fuoco ultimamente ne hanno messa parecchia. Partiamo dal centinaio di decreti esecutivi firmati da Trump: stracciati gli accordi di Parigi sul clima, yankee via dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, perdono presidenziale per i (pittoreschi) rivoltosi di Capitol Hill. E poi dazi sulle importazioni, stop allo ius soli e ritorno della classificazione biologica dei sessi. “Rivoluzione del buon senso”, l’ha chiamata il tycoon (chissà come gongoleranno i salviniani), secchiate di fumo negli occhi per tutto ciò che sta alla sinistra di Forza Italia

Così dove non è arrivato il newyorkese, ci ha pensato il proprietario di X e Tesla. Già nominato ad honorem volto principe di quel concetto – non sappiamo quanto ancora tangibile – chiamato tecnodestra (e che tanto spaventa i tipi Repubblica), l’imprenditore sudafricano dal palco della Capitol One Arena di Washington si è lasciato andare in un gesto che alle comari del politicamente corretto ha ricordato un saluto romano. In post – poi cancellato – il referente italiano di Musk ha quindi gettato ulteriore benzina sul fuoco. 

Saluti muskiani: l’esaurimento nervoso della sinistra

Apriti cielo. Il video del saluto galeotto, va da sé, è diventato virale. E puntuali sono arrivati gli strepiti dei soliti noti. Per Roberto Saviano “la fine di tutto questo sarà violenta” in quanto “cadrà Musk per mano di coloro che ora aizza alimentati dalla stessa violenza che pratica”. Ma mentre cerchiamo di capire il significato della parole del bardo cosmopolita – che chiude maledicendo letteralmente la nuova guida del Dipartimento per l’efficienza governativa statunitense – apprendiamo che il collettivo di studenti ‘Cambiare rotta’ (ai quali consigliamo di frequentare un corso base di fantasia) ha appeso in un cancello di Piazzale Loreto un fantoccio dello stesso Musk a testa in giù. 

Avanti, Savoia: per un Bonaccini che rabbrividisce ci sarà sempre una Elly Schlein a domandarsi perché Giorgia Meloni fosse l’unico leader europeo invitato all’insediamento di Trump.

Il futuro dell’Italia (e dell’Europa)

Fermi tutti. Torniamo seri: va bene, la spettacolarizzazione americana può strappare un sorriso e la sinistra in esaurimento nervoso ci diverte (assai). Ma la segretaria dem ci ha offerto uno spunto reale. La nostra fascinazione per gli Usa finisce qui, al materiale da meme. Adesso bisognerà piuttosto capire il ruolo che saprà ritagliarsi l’Italia. Quindi l’Europa.

Usando un paragone calcistico: la nostra Nazione si trova per la prima volta – almeno dai tempi di Craxi – “titolare” in Europa, nel continente africano e nei rapporti con l’America (piaccia o non piaccia, dovremo farci i conti ancora per un bel po’). Una partita – anzi almeno tre: intelligenza artificiale, transizione energetica, conquista dello spazio – tutta da giocare. Il come farà la differenza. Ma le nuove coordinate mondiali – arretramento delle posizioni woke, possibile accelerazione nelle questioni della tecnica – possono creare delle spaccature davvero interessanti. In quelle crepe dovremo seminare prima e meglio degli altri. 

Marco Battistini

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