Roma, 11 ago – Una passeggiata mano nella mano in corso Buonarroti a Trento, un bacio prima di incamminarsi, la normalità di due giovani in una città che si è sempre vantata di essere civile. È in questo contesto che, nei giorni scorsi, due ragazzi sono stati aggrediti verbalmente da un gruppo di giovani di origine nordafricana. «Il Corano dice che i gay devono bruciare» è la frase, gelida e inequivocabile, che avrebbe interrotto il momento di tranquillità.
Trento, coppia gay insultata da un gruppo di nordafricani
Secondo quanto raccontato al quotidiano Il Dolomiti, i due si sarebbero limitati a guardare gli autori dell’insulto e ad allontanarsi per evitare che la situazione degenerasse. Un episodio avvenuto in pieno centro, che finora non ha registrato interventi concreti da parte delle istituzioni, se non la condanna del consigliere provinciale del Partito Democratico Paolo Zanella. Quest’ultimo ha definito «inaccettabili e gravissime» le parole pronunciate, sottolineando la necessità di «essere intransigenti» contro ogni forma di “omotransfobia” e misoginia, anche quando proviene da persone di altre culture. Persino il “cittadino del mondo” Paolo Berizzi, penna di punta de la Repubblica e paladino del mantra “il pericolo è sempre e solo a destra”, ha sentito il bisogno di riportare la vicenda nella sua rubrica, facendo notare l’origine islamica degli aggressori. Un sussulto anti-islamico che sorprende, se si pensa alla sua consueta retorica sul “razzismo degli italiani” e alla tendenza a rimuovere certi aspetti poco compatibili tra immigrazione islamica e diritti civili occidentali. Evidentemente, quando la vittima appartiene a una categoria politicamente protetta e l’offesa è troppo esplicita per essere derubricata, anche le gerarchie del politicamente corretto possono vacillare.
L’integrazione e altre utopie
Al di là dell’episodio, il caso di Trento riporta alla luce un nodo che la retorica dell’inclusione tende spesso a rimuovere: il fatto che una larga parte dell’immigrazione provenga da contesti culturali dove l’omosessualità è criminalizzata o punita con pene corporali e morte. Un dato di realtà che si scontra con l’idea, acritica e ideologizzata, di una convivenza automatica e indolore con l'”altro” portatore di qualità sempre migliori delle nostre. Fateci caso: quando l’aggressore è italiano, il caso viene immediatamente strumentalizzato per dimostrare il presunto pericolo dell’“omofobia nostrana”; quando invece il protagonista ha origini straniere, prevalgono silenzi, giustificazioni culturali e inviti generici alla tolleranza reciproca. Ma purtroppo per la sinistra – ma anche per Tajani – occorre riconoscere senza ipocrisie che i princìpi della nostra Costituzione non sono universali per definizione. E che l’integrazione non può avvenire per adesione “valoriale”.
Il multiculturalismo diventa un monolocale
Insomma, per anni ci hanno detto che “l’odio viene da casa nostra”. Poi scoprono che anche il Corano, letto alla lettera, può trasformarsi in un’arma contro la loro idea di multiculturalismo. Poi scoprono che anche le città “vetrina” del progressismo e le loro oasi di tranquillità si possono trasformare in luoghi insicuri e intolleranti, proprio grazie ai prediletti immigrati. E allora, improvvisamente, anche l’anti-islamismo diventa politicamente corretto e sostenibile sulle colonne portanti della sinistra editoriale. Quando l’Islam bussa alla porta dell’arcobaleno, il multiculturalismo diventa un monolocale.
Sergio Filacchioni