Roma, 31 mag – L’epidemia di coronavirus ha fatto strage di una generazione che dava all’Italia un primato di longevità conquistato in parte anche grazie a corretti, antichi, stili di vita. Come ha sottolineato il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo a una lettera di solidarietà all’Italia del Presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier: “Qui viene decimata la generazione più anziana, composta da persone che costituiscono per i più giovani punto di riferimento non soltanto negli affetti ma anche nella vita quotidiana”.
La nostra memoria storica, le nostre radici culturali, fondamentale connessione generazionale della nostra appartenenza familiare e sociale: non va dimenticato che spesso questa generazione ha svolto un importante ruolo di assistenza sociale, anche economica, sopperendo alle carenze degli enti e istituti pubblici preposti.
Morti e abbandonati
La fotografia è dell’Istituto superiore di Sanità. L’età media dei pazienti deceduti per coronavirus è 81 anni. La maggior parte dei decessi – il 42,2% – si è avuta nella fascia di età tra 80 e 89 anni; il 32,4% dei decessi avevano tra i 70 e i 79 anni; l’8,4% erano tra i 60 e i 69; il 2,8% tra i 50 e i 59 e il 14,1% sopra i 90 anni. Le donne decedute dopo aver contratto il virus hanno un’età più alta degli uomini. L’età mediana per le donne è 83,4, per gli uomini 79,9.
A guardare la tipologia dei nuovi poveri, inoltre, emerge che i pensionati anziani che pagano affitto e bollette hanno risorse per una corretta alimentazione limitate al 45% del mese. Gli ultimi giorni o si mangia poco o si mangia “cibo spazzatura”, il più economico ma non certo il più salutare. In tutti questi decreti d’emergenza, per esempio, non si è tenuto conto dei pensionati. Spesso autosufficienti ma con 700-800 euro al mese. E in balia di molte “sirene” speculative in fatto di cibi e integratori.
Gli anziani stanno pagando più di tutti la crisi economica, taglio della spesa sociale e le manovre effettuate dai governi. Una lenta discesa verso la povertà e la solitudine che avviene senza clamore e spesso nella distrazione dell’opinione pubblica. Questo fenomeno pone problemi non indifferenti allo Stato Sociale, tanto che spesso, almeno per quanto riguarda gli aspetti pensionistici, si parla dell’anziano come di un “fardello” per la società.
Gli anziani durante il coronavirus: cittadini di serie B
Umiliati e offesi, umiliati perché si sono trovati ai margini degli interventi sia nelle case di riposo, sia nelle proprie case e sia negli ospedali, offesi perché fatti sentire come un peso per l’organizzazione, solo dei costi, e non col pieno diritto di far parte della cittadinanza e della vita. La vita non si misura per quantità, ma ogni momento ha un suo peso inestimabile. Invece si sente un coro, inespresso o apertamente detto: “Tanto sono dei vecchi”.
Quanti oggi hanno tra i 75 e 90 anni hanno vissuto sulla propria pelle il secondo conflitto mondiale e sono stati i principali fautori della rinascita dell’Italia nel Dopoguerra. Si tratta in gran parte di persone che hanno lavorato molto e che si sono adattate, senza lamentarsi, a fare quello che c’era da fare. Persone che si sono rese protagoniste dello sviluppo degli anni ’50 e ’60, sino al raggiungimento di un certo benessere negli anni ’80 e ’90, del quale oggi ne beneficiamo in tanti. Persone che dispongono di un patrimonio importante di esperienze professionali e relazionali e possono offrire il loro tempo, una dote estremamente preziosa ai nostri giorni. Mettere in moto e valorizzare le loro potenzialità significa creare uno scambio di competenze e valori tra generazioni molto importante. Non dimentichiamocene: ce lo richiedono per lo meno il senso di gratitudine e la cura nei confronti delle persone, in questo momento, più fragili.
Nicolò Banterla
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