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Italia, un popolo in fuga. Più emigranti che immigrati

by Eugenio Palazzini
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emmRoma, 9 ott. – L’Italia non è una nazione per italiani. Secondo l’ultimo rapporto “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, l’organismo pastorale della Cei, nel 2013 a fronte dei 43mila lavoratori immigrati giunti in Italia, i trasferimenti all’estero sono stati circa 94mila, +16,1% rispetto al 2012. Anche considerando i clandestini sbarcati lo scorso anno sulle nostre coste, 42.900 secondo il rapporto, gli italiani fuggiti dalla terra natia sono comunque qualche migliaio in più. Un trend che, a giudicare dalle prime analisi relative al 2014, è destinato a crescere nei prossimi anni. Inutile specificare che la causa principale di questa diaspora è la disoccupazione, soprattutto quella giovanile visto e considerato che il 36,2% degli emigranti italiani sono under 34. I dati ci dicono inoltre che la maggioranza di questi sono maschi (il 56,3%), non sposati e spesso con una laurea in tasca. Le mete preferite sono Regno Unito, dove nel 2013 sono giunti circa 13 mila italiani, Germania, 11.731 mila e poi Svizzera, 10.300 e Francia, con 8.402.

Sempre secondo il rapporto di Migrantes al 1° gennaio 2014 erano 4,5 milioni gli italiani residenti all’estero, contro i 3,8 milioni di extracomunitari regolari in Italia. Se poi osserviamo i dati in base al territorio di provenienza degli emigranti scopriamo che, a differenza di quanto accadeva nei primi del novecento, sono le regioni più ricche a far registrare il maggior numero di fuoriuscite, con in testa la Lombardia (16.418 italiani fuggiti all’estero) seguita dal Veneto (8.743). Il Friuli gode invece di un singolare primato: è l’unica regione da cui sono partite più donne che uomini. Secondo la Coldiretti/Ixé i motivi principali di questa emorragia sono da ricercare nella mancanza di lavoro, “il 51% dei giovani emigrano per questo motivo”, la mancanza di prospettive, “il 18% degli italiani considera il paese fermo”, le tasse eccessive, “il 18% le considera un peso insostenibile”. Mentre il 17% se ne va perché “oltre a mancare il lavoro manca la meritocrazia”.

Dati e analisi su menzionati non tengono di conto però della propaganda mediatica, che spinge i giovani a cercare fortuna all’estero come se ad aspettarli vi sia automaticamente l’Eldorado e mai un lavoro da lavapiatti, come se percepire uno stipendio maggiore che in Italia non significhi poi far fronte ad un costo della vita più elevato, come se non dovessero fare i conti con affitti salati, assicurazioni sanitarie in molti casi proibitive e l’ovvio status di immigrato che reca con sé tutta una serie di problematiche sociali e relazionali.

Intanto la conseguenza evidente per l’Italia, con il crescente numero di emigranti e di immigrati, è la riduzione costante di salari e di tutele sociali. Perché ad andarsene spesso sono coloro che sognano lavori migliori e un barlume di prospettiva di vita, ad arrivare invece sono coloro che accettano anche condizioni di miseria pur di sopravvivere. Cui prodest?

Eugenio Palazzini

 

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