
In una nazione degna di tal nome leggeremmo di inasprimento delle pene, di controlli serrati sull’intera filiera, di nuove norme sull’etichettatura. Nell’Italia dei Renzi e delle Mogherini ci troviamo a commentare esattamente l’opposto. Il decreto legislativo che sarà presentato domani, infatti, depenalizza il reato di contraffazione nella commercializzazione dell’olio di oliva, intervenendo con sostanziali modifiche sul regolamento 29/2012. Dalla bozza presentata alla presidenza della Commissione, si evince l’annullamento de facto dell’articolo 517 quarter del Codice penale, il quale prevedeva la reclusione fino a due anni e una multa fino a 20mila euro per i colpevoli di frode. Il nuovo provvedimento diminuisce notevolmente la sanzione amministrativa, prevedendo multe variabili da 1600 a 9500 euro e, soprattutto, annulla l’intervento degli organi investigativi e l’operato delle procure.
La depenalizzazione del reato non è esplicita ma insita nell’incipit dell’articolo 4 (Designazione dell’origine), dove si legge “Salvo che il fatto non costituisca reato […]”. Secondo la Sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo, del 4 marzo 2014, “l’articolo 2 del Protocollo n. 7 vieta anche il «doppio giudizio» per gli stessi fatti. Un procedimento penale non può quindi essere aperto per gli stessi fatti oggetto di una decisione amministrativa definitivamente confermata dai tribunali e passata quindi in giudicato […]”. Se affianchiamo questa sentenza alla diminuzione delle multe, non avremo difficoltà a immaginare cosa accadrà qualora il decreto dovesse essere convertito in legge senza modifiche sostanziali. I truffatori potrebbero autodenunciarsi, pagare la multa per un massimo di 9500 euro senza il rischio di incorrere in ulteriori sanzioni o inchieste penali e incassare il provento delle loro contraffazioni, probabilmente nell’ordine dei milioni di euro.
Francesco Pezzuto