
L’Italia di Renzi, nel 2014, è riuscita a superare la fantasia dei Morgen e il fascino delle vecchie leggende gallesi, inventando una tassa che sale in pianura e scende in montagna. L’Imu sui terreni agricoli, infatti, dovrà essere pagata per intero dalle aziende situate sul livello del mare, avrà una decurtazione per i terreni tra i 281 e i 600 metri e l’esenzione totale per quelli montani. La norma, di per sé, appare già cervellotica e poco comprensibile ma un aspetto in particolare, o meglio un numero, riporta alla mente la storia del paesino gallese e impone un interrogativo: chi misurerà il duecentottantunesimo metro? Quella che vi proponiamo non è una semplice boutade ma un aspetto della legge che preannuncia valanghe di ricorsi, tanto da aver indotto l’esecutivo a prorogare dal 16 dicembre al prossimo 26 gennaio il termine ultimo di pagamento per i terreni collinari.
Se ancora non siete persuasi dell’assurdità renziana, poniamo a esempio concreto la situazione del comune di Sammichele, in provincia di Bari. La cittadina è ufficialmente censita e registrata a metri 280 sul livello del mare, quindi gli agricoltori dovrebbero pagare l’Imu sui loro terreni ma non lo faranno, lo hanno annunciato chiaramente, poiché la maggior parte delle aziende agricole sammicheline è situata ben al di sopra della fatidica quota. L’equivoco nasce dal fatto che l’Istat, autorità suprema in fatto di stime italiche, calcola l’altezza del livello sul mare di un comune prendendo come riferimento il Municipio del paese. Quindi, se da qui al 26 gennaio 2015, il sindaco di Sammichele e tutta la giunta decidessero di eleggere sede comunale una rotoballa di grano dell’altopiano delle Murge, potrebbero convocare i tecnici dell’Istat per procedere al ricalcolo dell’altezza del paese e strappare al governo l’ambita decurtazione. Fossero anche pochi spiccioli, per una questione di principio, al posto del sindaco noi lo faremmo!
Francesco Pezzuto