
Nulla di trascendentale, si badi. Gli articoli 51 e 73 della nuova Carta, tuttavia, escludono i possessori di doppia nazionalità “dall’accesso alle alte cariche dello Stato e dalle funzioni politiche”. E ancora: “Per essere eleggibile alla presidenza della Repubblica, il candidato deve: non aver acquisito una nazionalità straniera; godere unicamente della nazionalità algerina d’origine e attestare la nazionalità algerina d’origine del padre e della madre; essere di confessione musulmana”. Intellettuali e ong varie sono scese sul piede di guerra, denunciando l’attentato al principio di eguaglianza. Il presidente algerino, tuttavia, tira dritto. Il direttore dell’ufficio di presidenza, Ahmed Uyahia, ha sostenuto che gli articoli contestati in realtà servono solo a “garantire all’Algeria che coloro che vorranno servirla o rappresentarla ai più alti livelli di responsabilità non abbiano vincoli di lealtà che verso di essa e siano sprovvisti di ogni legame con qualsiasi potenza straniera”.
In realtà, il provvedimento si rivolge principalmente a una “potenza straniera”: la Francia, dove risiedono milioni di algerini, una fetta consistente dei quali non ha rinunciato alla cittadinanza nativa. In questo modo, il governo di Algeri manda un segnale preciso a chi ha lasciato la nazione d’origine ma vuole tenere il piede in due staffe: o di qua o di là. Uyahia ha anche ironizzato: “Quanti algerini binazionali aspirano a diventare ministro o ambasciatore? Cinquemila? Diecimila? E anche per costoro, in fondo, si tratterà semplicemente di rinunciare alla nazionalità estera per assumere delle alte responsabilità in Algeria”.
Giuliano Lebelli