
Nadežda, durante la sua permanenza nel carcere della Mordovia, aveva ultimamente messo in atto uno sciopero della fame per denunciarne le cattive condizioni e le violazioni di diritti umani che, secondo le dichiarazioni della militante del collettivo russo, sono state perpetrate in quel luogo durante i suoi 14 mesi di permanenza, tanto da chiederne il trasferimento. Ottenuto il permesso di essere trasferita il 21 ottobre, ai media e ai familiari non sono giunte notizie della donna fino ad oggi: la legge, come quanto spiegato da Vladimir Lukin, commissario russo per i diritti umani, vieta per motivi di sicurezza di notificare a chiunque gli spostamenti del prigioniero durante il suo trasferimento.
Facili sono stati sulla stampa i paralleli tra Putin e Stalin, echi di “nemici mandati al confino”, pericoli di “trattamenti inumani” e “violazione dei diritti fondamentali dell’uomo”. Questo tipo di demagogia è sempre lontana dai fatti: una prigioniera ha chiesto il trasferimento, le è stato concesso, nel pieno rispetto della legge e delle norme di sicurezza vigenti nella Federazione Russa.
Ada Oppedisano
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