Roma, 31 ott – La sinistra e la stampa dem continuano a negare, per miopia o per complicità, la sostituzione etnica che sta velocemente avvenendo in Italia. Eppure ogni cittadino italiano sta assistendo al cambiamento del volto delle città e alla trasformazione demografica dei quartieri. In soli venti anni, infatti, la popolazione straniera (immigrati regolari, clandestini e i cosiddetti nuovi italiani) è passata da poco più di 2 milioni a 7.699.341, con un aumento del 273%. D’altronde, nel documento “Replacement Migration” del 2000, le Nazioni Unite consigliavano all’Italia di favorire l’arrivo di circa 400mila immigrati all’anno per supplire alla denatalità. Quindi, non venivano suggerite misure per stimolare la crescita demografica autoctona ma una vera sostituzione etnica.

Nel 2004, gli stranieri rappresentavano il 3,5% della popolazione residente in Italia mentre, nel 2023, ben il 13%, considerando anche i cittadini naturalizzati. In vent’anni, la popolazione di immigrati regolari di origine africana è aumentata del 110%, quella di origine asiatica del 253%. Nelle prime dieci posizioni per nazionalità tra gli stranieri non europei, troviamo Marocco, Cina, Bangladesh, India, Filippine, Egitto, Pakistan, Nigeria, Senegal e Sri Lanka.
La sostituzione etnica nelle scuole
Proprio nelle scuole, la sostituzione etnica è più palese. In una quinta elementare di Bologna, nel 2023, su 21 studenti, solo uno era italiano. Per non sentirsi fuori luogo, il bambino si era inventato di essere nato a New York. “Nella nostra scuola vengono da 28 Paesi diversi, solo nella mia classe se ne contano 9, ci sono bambini con genitori che vengono dalla Nigeria e dalle Filippine, dal Bangladesh o dal Marocco”, aveva spiegato una maestra. Nel 2024, in una scuola elementare del quartiere multietnico San Siro di Milano, il 100% cento degli alunni era straniero, in particolare di origine egiziana, romena e sudamericana. I genitori dei bambini italiani del quartiere avevano preferito le scuole paritarie. “Con tanti stranieri in classe, temono ritardi nei programmi e che i figli subiranno contraccolpi per aspettare gli altri”, aveva spiegato la reggente della primaria.
A settembre, a Mestre, al primo anno della primaria “Cesare Battisti”, solo uno su 61 studenti iscritti era italiano. Nel plesso scolastico “Casaroli” di Castelsangiovanni, quasi la metà degli alunni, il 45% per l’esattezza, ha genitori stranieri. Su 1.621 iscritti dalla materna alle medie, 732 sono di origine straniera, come evidenziava La Libertà sull’edizione del 30 agosto scorso. Alla scuola media statale Giacomo Zanella di Padova, quest’anno, tutte le classi prime presentano una maggioranza di alunni figli di immigrati rispetto agli italiani, esattamente il 63%: “Si tratta per lo più di ragazzi nati e cresciuti in Italia ma che in famiglia parlano raramente la lingua italiana”.
La scuola italiana si sottomette ai precetti islamici
Per due anni consecutivi, la scuola Iqbal Masih di Pioltello ha chiuso i battenti per permettere agli alunni di festeggiare la fine del Ramadan con le proprie famiglie. Ben il 43% degli studenti, infatti, è di fede islamica. Nel 2024, due studenti musulmani di terza media sono stati esentati dallo studio della “Divina Commedia” di Dante Alighieri perché tale opera sarebbe in contrasto con la fede dei due ragazzi e “offende l’Islam“.
A partire da quest’anno scolastico, il Comune di Bologna ha introdotto nelle scuole il menù halal, ovvero cibi che seguono regole di preparazione e origine secondo i precetti della religione islamica. La decisione è stata presa dall’amministrazione dem per rispondere alle esigenze alimentari delle famiglie musulmane e per promuovere l’inclusività all’interno del sistema scolastico.

Nel maggio scorso, i bambini di una scuola materna paritaria di Ponte della Priula, nel trevigiano, sono stati portati nella moschea Emanet di Susegana. Dopo una lezione con l’imam, i piccoli si sono inginocchiati in direzione de la Mecca. “Nel nostro asilo, ci sono bambini di tutte le etnie. Molti hanno tradizioni e culture di cui spesso sappiamo poco. Abbiamo voluto portare i nostri bimbi in moschea per far conoscere loro meglio un aspetto della vita quotidiana dei loro compagni”, aveva spiegato un’insegnante. 
Dalla scuola dell’obbligo all’università
Sempre nel maggio scorso, un gruppo di alunni delle scuole elementari Luini e Frank di Sesto San Giovanni è stato portato a lezione di Islam dall’imam Abdullah Tchina nella moschea cittadina. Dal luglio scorso, proprio Tchina sta affiancando don Claudio Burgio e don Gino Rigoldi all’interno dell’Istituto penale per minorenni Beccaria di Milano. Dove su 297 detenuti, 227 sono stranieri, il 78% della popolazione carceraria. Di questi. l’87% proviene da Paesi di cultura islamica. Anche l’università italiana non è assente da una certa forma di sottomissione. Il 27 ottobre, è stata inaugurata a Catanzaro la prima moschea universitaria d’Italia presso l’ateneo “Magna Grecia”. Concludendo, è necessario ricordare che le comunità islamiche non hanno mai firmato alcun accordo d’intesa con lo Stato italiano.
Francesca Totolo
 
			         
														 
 
	