Roma, 8 ago – Prendete l’ultimo scontro tra Letta e Calenda, osservate i terzi incomodi inseritisi nel dibattito e sedetevi sul divano, non prima di esservi procurati una scatola max di pop corn. Benvenuti al cinebrivido della politica italiana, è qui che assisterete a raptus di megalomanie, curioso spettacolo di guastafeste egocentrici che neppure la fervida immaginazione di Feinmann avrebbe saputo tratteggiare. Potrà apparirvi tremendamente divertente, peccato che del cinema reale abbia solo gli attori tragicomici e una serie di memorabili battute al fulmicotone. Non ci sono però veri e propri protagonisti, neppure personaggi secondari, al massimo qualche improbabile cameo. Tutto il resto vi sembrerà un’insopportabile chat di genitori, di quelle che imperversano su WhatsApp arrecando emicranie ai membri refrattari al pettegolezzo. E’ la politica del tweet, indomabile sindrome del cinguettio.
La politica del tweet, come uccidere la partecipazione politica
Quando negli anni Novanta in Italia spuntarono i talk show televisivi, qualcuno iniziò a rimpiangere i comizi di piazza, quando con l’avvento del nuovo millennio comparvero i primi social, qualcuno pensò che tutto sommato i talk show garantivano un’opportuna distanza tra schermo e divano. La nuova frontiera dell’etere potrebbe sempre regalarci altre involuzioni, ma il bar sport ha ormai appeso le scarpe al chiodo, lasciando soltanto uno striscione scolorito appeso all’ingresso: si stava meglio quando si stava peggio. Qualunquismo inevitabile nell’assistere al de profundis della profondità analitica, a condomini inferociti prestati al parlamentarismo, all’azzeramento ideologico allorché prevalse il banner sloganistico.
Eppure, anche in questo rotolare verso il baratro dell’inconsistenza, per ogni geometria servirebbe fantasia. Scatti propositivi magari, trattenendo il fiato prima di sparare amenità in serie, prima di svegliarsi al canto del gallo e darsi al fuoco incrociato su Twitter. Sogni infranti da una classe politica che ormai parla solo a stessa, nell’inguaribile corsa allo scranno, spartizione del lauto posto fisso prodotto negli ultimi decenni. Così, di fronte a un pugno di like e interazioni, si illudono tutti di essere considerati dagli elettori. Rasentano invece un distacco dalla realtà insanabile, enorme solco a separare le nuove generazioni e la senescenza dei cinguettanti. Festa mesta dell’astensionismo dilagante.
Eugenio Palazzini