
In realtà, trattandosi di Napoli, si è solo cercato – al prezzo della coerenza ideologica, certo, di non ripetere la figuraccia del 2011. All’epoca uno dei candidati, Umberto Ranieri, vinse in tutti i collegi della città eccetto uno, quello di Secondigliano. Qui Andrea Cozzolino raccolse un numero enorme di voti, tanto da fargli superare il vantaggio raccolto da Ranieri in tutti gli altri nove collegi della città. Si parlò di esponenti del Pdl locale avvistati ai seggi, di gruppi di cinesi, di infiltrazioni della camorra. Stavolta si è corsi ai ripari. Prevista, anche, una app anti-brogli, installata sugli 80 tablet distribuiti ai presidenti di seggio. In questo modo, ogni presidente di seggio saprà se un certo elettore può votare oppure no, e anche se ha già votato. In teoria, perché off record molti ammettono di non credere troppo all’effettiva efficacia del sistema informatico.
Cinesi e teblet permettendo, sono quattro i candidati che si sfidano: la deputata e ex assessore della giunta Iervolino, Valeria Valente, l’ex sindaco e ex presidente della Regione, Antonio Bassolino, il segretario dei Giovani democratici, Marco Sarracino, e poi un extra-Pd: il medico Antonio Marfella, del Psi. La Valente è la preferita dall’establishment renziano, e lo dice chiaro e tondo: “Io più di altri candidati posso lavorare in sinergia con il governo”. Ma Bassolino usa l’arma contro di lei: “La città deve essere rispettata da tutti, anche dal Pd. Il candidato sindaco non si decide a Roma ma qui. Per questo chiedo un voto di dignità e libertà”. A Roma non si permettano di decidere il candidato di Napoli. Al massimo lo decidano a Pechino.
Giorgio Nigra