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La prova digitale in giudizio: non basta uno screen 

by Redazione
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Una buona parte della nostra vita è ormai riversata sul web e passa attraverso supporti elettronici. Non solo gli acquisti e l’intrattenimento, ma anche le comunicazioni, i contatti, le relazioni amichevoli così come gli scontri dialettici. 

Per questo motivo sempre più spesso le ‘tracce’ che lasciamo on line divengono oggetto di contenzioso, quantomeno dal punto di vista probatorio. Le nostre conversazioni, infatti, possono non essere innocenti, se vagliate all’interno di un procedimento giudiziario. Sulla base di un messaggio scritto o vocale si può determinare l’esito di un processo.  

Chi non ha mai fatto uno screen?

La domanda risulta quasi retorica. È esperienza comune quella di fare un’istantanea dello schermo, che siano i messaggi ricevuti o commenti e contenuti visti on line, in particolare sui social. I giornali li usano abitualmente per parlare di questo o quel personaggio pubblico, ma anche a livello privato gli screenshot viaggiano da telefono a telefono. Finendo a volte in tribunale.

Quanto detto o scritto può ben fondare un giudizio (pensiamo ad un’azione di diffamazione) oppure comprovare una condotta (che sia un’ammissione di colpevolezza, il chiarimento di una dinamica o altro). Ma non sempre il contenuto può essere prodotto in giudizio e diventare parte del processo. Perché? 

La Digitale Forensics: come acquisire la prova digitale

Perché possa diventare prova in giudizio, l’elemento digitale è soggetto infatti ad una regolamentazione, che ne assicura determinati crismi. Per tale motivo, è fondamentale che fin dal primo momento la prova informatica venga cristallizzata e analizzata nel modo corretto, pena l’inutilizzabilità in giudizio.

Per garantire il risultato occorre avvalersi di un espero in materia: il Perito Informatico Forense. L’informatica forense, o Digital Forensics, comprende tutte quelle procedure volte ad acquisire ed analizzare le prove informatiche, nonché l’eventuale verifica delle evidenze digitali prodotte in giudizio (messaggi WhatsApp, file audio, screenshot, ecc.), al fine di convalidarne o meno l’utilizzabilità all’interno di un procedimento giudiziario.

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