Roma, 21 nov – Che la maglia di campione dei diritti umani stia stretta all’Arabia Saudita lo hanno capito tutti, tranne l’Onu. Le Nazioni Unite hanno infatti affidato a Faisal Bin Hassan Thad, ambasciatore dei sauditi, la presidenza del comitato consultivo dei diritti umani, che ha il compito di indicare gli esperti sui diritti umani.
L’ultima dimostrazione di questo cortocircuito è data dalla condanna a morte di Ashraf Fayadh, poeta palestinese arrestato nel 2013 per aver “dubitato dell’esistenza di Dio”. Questo perché Fayadh avrebbe promosso l’ateismo con la sua antologia Instructions within (2008), avrebbe avuto relazioni illecite, mancato di rispetto al profeta Maometto e minacciato così la moralità saudita.

Fayadh è uno dei rappresentanti della lega di artisti anglo-sauditi Edge of Arabia, ed è stato tra i curatori del progetto “Rhizoma” alla Biennale di Venezia nel 2013. La sua notorietà non è bastata a difenderlo dalle accuse, che per alcuni osservatori sarebbero pretestuose e nasconderebbero il vero motivo della persecuzione: le sue origini palestinesi.
Ettore Maltempo
