
Renzi alla direzione Pd chiederà di essere uniti sulla richiesta di un governo di responsabilità nazionale con la partecipazione di tutte le forze politiche, o in alternativa la scelta delle elezioni anticipate con l’attuale legge elettorale. Idea che Mattarella aveva già respinto: il Colle non gradisce di andare al voto con due leggi così diverse tra loro (l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato). Proprio sull’Italicum peraltro è atteso il pronunciamento della Consulta che ha fissato la data al 24 gennaio.
Ma la direzione del Pd non sarà così semplice come preannunciata. Lo spettro di una scissione è sempre in essere. Pier Luigi Bersani non ha escluso che i renziani possano uscire dal partito per fondarne uno tutto loro. Sui social si stanno diffondendo le voci dell’arrivo di alcuni militanti dem intenzionati a contestare gli esponenti della minoranza che hanno appoggiato il No al referendum di domenica. Matteo Orfini di tutta risposta sta cercando di smorzare gli animi. In un suo post su Facebook si legge: “Ho visto qui sui social argomenti e slogan – per fortuna usati da pochi – che non mi piacciono. Capisco l’amarezza per quanto successo e per scelte che sono apparse incomprensibili ma un grande partito non chiede espulsioni e non organizza contestazioni“.
Il Partito Democratico appare come una tragicommedia greca dove al prologo stanno seguendo in sequenza numerosi altri atti. Il partito di maggioranza relativa che gode ancora oggi del favore di milioni di italiani, ha una minoranza al suo interno che non solo dissente dall’operato del suo segretario, ma che addirittura istituisce un semi comitato per votare contro le indicazioni del loro stesso partito. Le mille anime della sinistra italiana non hanno logica e forse per questo riescono ancora a stupire anche i più autorevoli politologi nostrani.
Giuseppe Maneggio