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Animali Notturni e “come trovarli”: il Cinema secondo Tom Ford

by Davide Trovato
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nocturnal-animals-jpg-pagespeed-ce-ccorihf93xMilano, 23 nov – Nella prima parte del film – e per l’esattezza nel corso di uno di quei vernissage super-cool dove critici, voyeur e marchettari amano scambiarsi opinioni sui trend del momento – Susan (la splendida Amy Adams) ammette di non avere particolarmente a cuore l’Arte nella sua galleria. Anzi, dice di soffrire di un complesso per cui non riesce a trovargli un senso, un significato profondo. Probabilmente l’idea alla base della scena era quella di cementificare nello spettatore il carattere annoiato e combattuto della protagonista – intrappolata nella sua vita “esclusiva”, fatta di apparenze – eppure, a guardar bene, sembra la perfetta descrizione di Animali Notturni, la seconda ed ultima fatica dello stilista e regista americano Tom Ford, dalla scorsa settimana nelle sale italiane.

Bloccata in un matrimonio fatiscente ed insoddisfatta dal lavoro, Susan – sonnambula fiera notturna – riceve un pacchetto dall’ex-marito a distanza di vent’anni dall’ultimo contatto: si tratta di Nocturnal Animals, il primo romanzo non ancora pubblicato che Tony (il sempre ottimo Jake Gyllenhaal) le ha dedicato. Avvolta dalla sua tentacolare tenuta, Susan decide di immergersi subito nella lettura, ritrovandosi ben presto completamente assorbita dalla narrazione. Ne emergerà un oscuro, hitchcockiano intreccio tra vita, narrazione (in cui la moglie e la figlia di un insegnante, sempre interpretato da Gyllenhaal, vengono rapite durante una vacanza con la famiglia) e flashback dell’ex coppia, e che troverà compimento soltanto nel fatidico incontro finale.

Diciamolo subito, il film è – in un’accezione meramente estetica – “bellissimo”: sono bellissimi gli attori, bellissimi i campi lunghi e lunghissimi delle inquadrature, bellissime le scenografie, bellissimi (ovviamente) gli abiti, bellissima la fotografia e persino la filigrana della pellicola. E bellissimo è pure l’escamotage della storia nella storia per raccontare l’unica Storia, così come il montaggio – opera di Joan Sabel (Kill Bill) – che ne è strumentale.

Eppure lungo lo scorrere delle quasi due ore di film, lo spettatore comincia ben presto ad avvertire uno strano senso di avversione. Un rigetto. Il motivo è facilmente spiegabile: guardatevi intorno, adesso, vi sembra tutto “bellissimo”? Il Cinema è – o dovrebbe essere – Vita e la vita semplicemente non è “bellissima”. Così, quando durante la visione realizzi tutto ciò, puoi renderti facilmente conto di cosa sia in realtà Animali Notturni: il sogno bagnato di uno stilista gay. Una capatina scortata nei bassifondi immaginari di un’anima “sensibile”.

E “sensibile” è forse la vera parola chiave del film: soltanto una psiche tormentata e candida come quella di Susan (e quindi di Ford), dall’alto di una sopravvivenza condotta da un castello di bambagia di milioni di dollari, sarebbe in grado di dare della “materialista” ad una madre che è personificazione della borghesia (ovviamente Repubblicana, ca va sans dire), salvo poi incarnarvisi. Così come d’altra parte solo in preda all’emotività lo spettatore può giustificare la visione di quella che alla fine si rivela semplicemente una lunga, bellissima pubblicità. E su questa falsariga, soltanto in preda ad un’overdose di buoni sentimenti possiamo astenerci noi dall’accusare Tom Ford, reo di aver portato sullo schermo il suo punto di vista, la sua vita…non La vita. E di aver dimenticato che il contrario del materialismo non è la sensibilità, ma la spiritualità, “bella” o “brutta” che sia.

Davide Trovato

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1 commento

timoteo 23 Novembre 2016 - 2:09

un film che non si può interpretare solo alla luce di quanto esposto dal critico D.Trovato. Intorno ad una trama semplice si dipana un nucleo di pensieri altrettanto ordinari dell’autore. Si condivide, che il film dev’essere guardato per le espressioni dei protagonisti e sulla sua morale che vorrebbe nello stesso modo condannare ed adulare la “debolezza” dell’essere umano spregiata dall’intolleranza moralista verso i buoni sentimenti derivazione dall’educazione tipica della cultura borghese

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