
Le femministe che l’8 marzo hanno sfilato in varie città italiane dando vita a manifestazioni contestatarie basate sull’ostentazione di seni e vulve, evidentemente, non solo non leggono Žižek, ma hanno anche smesso di leggere Foucault, il quale spiegava: “A me sembra che il potere faccia qualcosa di molto diverso dal semplice vietare […]. Il potere inventa, il potere crea, il potere produce. Produce qualcosa di più di una legge che vieta il desiderio – produce il desiderio stesso, il potere induce e produce desiderio”. Le femministe non ci arrivano. Sono convinte di vivere in un’era vittoriana, in un nuovo medioevo, un mondo bacchettone in cui l’esibizione del sesso risulta rivoluzionario, o almeno scandaloso, come se il capitalismo fosse ancora quello dell’ascetismo puritano di cui parlava Weber. Ma credere questo significa essere totalmente tagliati fuori dalla propria epoca, in cui il sesso è già da tempo diventato una colonna portante del nuovo “capitalismo desiderante”.
No, nel 2017 il potere non ti vieta di metterti a seno nudo. Semmai si impossessa di quel seno. L’unico che ancora si scandalizza per le immagini sessuali, al giorno d’oggi, è Facebook. Ieri il social network ha inviato uno dei suoi avvertimenti minatori ai gestori della pagina del Primato a causa della foto con le femministe con il sesso all’aria sull’Altare della Patria. Per la cronaca: si tratta probabilmente di un fake autoprodotto. Di quella presunta azione gira un solo scatto e su un numero limitato di media, mentre la maggior parte dei fotografi presenti sembra aver ignorato la scena, che non viene riportata in nessuna delle cronache della manifestazione romana. Lo scatto è però rilanciato dal Manifesto e dal profilo Twitter del Teatro Valle Occupato. Potrebbe trattarsi, quindi, di una provocazione situazionista. Il senso simbolico della profanazione, comunque, resta intatto nella misura in cui l’affronto è stato rivendicato da quell’ambiente. Questa è la prova che il femminismo non riesce più a essere scandaloso, ma sa ancora essere indecente. Non sa dare prova di trasgressione ai vivi, ma sa ancora infangare i morti. Se fossero meno conformiste, meno stupide e meno narcisiste, potrebbero andarsi a studiare le tesi di una delle prime femministe vere in Italia, Teresa Labriola, probabilmente la prima donna laureata in Giurisprudenza in Italia, che amava dire: “L’età muta della donna è finita. Facciamo che la donna cominci a essere eloquente parlando della patria”. Perle ai porci. O alle femmine dei porci.
Adriano Scianca