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Quando la fantascienza diventa filosofia. Con buona pace dello snobismo culturale

by Carlomanno Adinolfi
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Roma, 15 feb – Può esserci filosofia nella fantascienza? La risposta non può che essere ovviamente affermativa. D’altronde “filosofia” può essere presente in qualunque opera di qualsiasi genere; eppure il genere fantastico è sempre stato oggetto di un certo snobismo da parte della “cultura ufficiale”. E la fantascienza ancor più del fantasy, che per lo meno a destra ha goduto di un certo fascino simbolico, anche se troppo spesso incapacitante. Snobismo che risulta assurdo anche solo leggendo i grandi autori della fantascienza, da Bradbury ad Asimov, Ballard, Gibson o Dick. Ma anche solo guardando i film di Nolan o Scott o anche lo scontatissimo Matrix. O anche, in barba a chi snobba fumetti e cartoni animati, le graphic novel di Frank Miller o i manga e gli anime da essi derivati come Ghost in the Shell o il Conan di Miyazaki.

Dalla letteratura a Carpenter

Ultimamente sono usciti due volumi che tentano di ridare proprio alla fantascienza il suo giusto valore. Parliamo del nuovo numero di Polemos, il periodico culturale che lancia “idee per un radicalismo europeo”, e di Filosofia della Fantascienza, raccolta di saggi brevi di vari autori a cura di Andrea Tortoreto per Mimesis Edizioni. Polemos, alla sua quarta uscita, si presenta con uno “speciale fantascienza” con lo scopo proprio di scavare negli aspetti più profondi del genere sci-fi, analizzando i vari sottogeneri e gli aspetti che vanno dalla politica, alla denuncia sociale fino alla filosofia, con particolare attenzione agli archetipi metafisici e mitologici presenti in molte opere e alla spinta superomista intrinseca in molte storie ambientate in un futuro dove “Dio è morto” e dove l’uomo deve diventare altro oltre se stesso per poter dare una nuova spinta generatrice al ciclo che lo vede al tramonto.

Ad arricchire il volume, oltre a recensioni mirate, vi è l’intervista all’editore Andrea Scarabelli sul realismo fantastico in cui è nodale la constatazione del fatto che proprio la fantascienza possa essere il solo veicolo “simbolico” per l’uomo moderno e che il barricarsi in forme mitologiche antiquate e legate al passato sia solo l’emblema dell’essere chiusi ad aspetti spirituali che pur nella modernità sono tutt’altro che morti. «Gli dei hanno fatto ritorno», scrive Scarabelli, «ma sembra che l’uomo novecentesco non se ne sia accorto: ecco perché persevera in visioni del mondo antiquate – ancora moderne, sette-ottocentesche – invece di aprirsi al nuovo che avanza. Uno scarto di natura spirituale lo separa dalla realtà in cui vive».A chiudere lo speciale poi c’è un’imperdibile intervista al celebre regista John Carpenter, autore di capolavori fantascientifici “filosofici” come la saga di Jena Plissken o Essi vivono – da cui è tratta l’intro del cd Kriptonite degli ZetaZeroAlfa – oltre che di horror di culto come Halloween, La cosa e Christine la macchina infernale.

Da Platone a… Star Trek

Il volume di Mimesis si muove sullo stesso binario anche se, nel bene e nel male, in modo più accademico. Ogni autore si occupa di un singolo macro-argomento toccato dall’immensa produzione fantascientifica. Visioni utopiche della società future con richiami a Platone, Campanella o Moore fino alle visioni della città ideale, con Metropolis preso ad esempio e con i richiami futuristi dell’architetto Sant’Elia; “spazi eterotropici”, ovvero gli spazi del cyberpunk non definiti geograficamente ma discontinui e dislocati in modo a volte gerarchico, come accade nella realtà virtuale o nei livelli delle megalopoli gibsoniane e che richiamano le tesi di Foucault e Borges; l’etica del robot e delle macchine e le sue sovrapposizioni o contrapposizioni con l’etica umana; il concetto di cyborg come nuovo Frankenstein che sfida il concetto di mortalità e che diventa manifesto transumanista con molti punti di contatto con il superomismo nietzschiano; l’etica samurai nella letteratura fantastica giapponese fino ad arrivare al samurai “fantascientifico” anche nella produzione occidentale con Frank Miller. E poi analisi delle filosofie più o meno nascoste nei singoli autori e opere, da Lovecraft a Gilda Musa, da Dune a Star Trek.

Due volumi che risultano imprescindibili per ogni amante della fantascienza, con spunti che aprono squarci per visioni al di là del semplice livello narrativo e che permettono infine di «vedere cose che noi umani neanche immaginiamo».

Carlomanno Adinolfi

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Pietro Comoli 15 Febbraio 2019 - 10:50

Classe 1946, leggo sf da quando ne avevo 13. Sono stato fortunato perché ho goduto dei migliori negli anni giusti. Mi hanno fatto sognare, allo stesso modo di Hemingway e Conrad. Ho adorato Clarke e Bradbury. Oggi vedo con sorpreso piacere la saga “the expanse”, ma non posso accettare tutto il pattume psicofuturistico che affolla Netflix e Amazon prime. Considero Blade Runner il miglior film mai realizzato.

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