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Gli Europei e l’elogio dello spirito italiano del 1982

by Roberto Johnny Bresso
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Europei spirito italiano

Roma, 15 giu – Ogni volta che inizia una manifestazione per nazionali, che siano Europei o Mondiali, il mio pensiero va sempre ad una sola persona, colui che di fatto mi ha fatto innamorare di quello splendido gioco che è il calcio, grazie al quale ho stretto amicizie, amori e rapporti che ancora significano tanto nella mia vita e che neppure il cosiddetto calcio moderno riescono a scalfire. E quella persona è Paolo Rossi.

Gli Europei nello spirito italiano di Paolo Rossi in Spagna

Per quelli della mia generazione Paolo Rossi non è stato un calciatore, è stato lo spartiacque di un’epoca. Avevo sette anni ed il Milan era appena retrocesso in Serie B, ma la mia giovane età aveva risparmiato a me questo dramma sportivo che aveva invece travolto mio padre. Iniziava però il Mundial di Spagna 1982 ed il calcio cominciava a far parte della mia vita.

La poco entusiasmante fase a gironi dell’Italia ci regalò un risicato passaggio del turno con tre pareggi contro Polonia, Perù e Camerun, che ci regalò un secondo girone di ferro con Argentina e Brasile, con gli Azzurri destinati a fare da vittima sacrificale. A sorpresa battemmo l’Argentina 2-1 ma Rossi ancora non si sbloccava, era un’entità avulsa dalla squadra. Il futuro Pablito era inviso a pubblico e stampa: reduce da una squalifica per calcio scommesse, era accusato di aver letteralmente rubato il posto al capocannoniere della Serie A Roberto Pruzzo, nemmeno convocato tra i 22. Infatti Enzo Bearzot, per evitare ulteriori polemiche, gli aveva preferito Franco Selvaggi, sapendo che il granata non avrebbe mai preteso di giocare, anzi pare gli avesse detto scherzosamente di venire pure in ciabatte. Ciononostante, dopo quattro partite orribili, nessuno voleva vedere più in campo Rossi, anche se si sperava semplicemente in una sconfitta decorosa contro la Selecao.

Il miracolo col Brasile

Dopo aver assistito fino ad allora al Mundial da casa a Bergamo, andai in vacanza con i miei genitori in un villaggio vacanze sul mare di Palinuro. E lì cambiò tutto: arrivò il 5 luglio e Rossi stese con tre goal il Brasile, portandoci in semifinale, dove ne rifilò due alla Polonia e poi in finale contro la Germania Ovest, gara nella quale sbloccò le marcature. Risultato: Italia Campione del Mondo, lui Scarpa d’Oro e Pallone d’Oro del Mondiale e infine Pallone d’Oro del 1982. Il tutto grazie fondamentalmente a sole tre partite. Senza queste tre partite oggi quasi certamente non ricorderemmo Paolo Rossi come una Leggenda, bensì come un buon calciatore rovinato da gravi infortuni alle ginocchia e da una brutta storia di calcio scommesse, nella quale peraltro era molto probabilmente innocente. Ma queste tre partite invece ci sono state. E la storia è cambiata per lui e, in fondo, per tutti noi: Paolo è diventato Pablito ed è divenuto un patrimonio di tutti i tifosi italiani, tanto che quando venne al Milan ne fui entusiasta, anche se segnò solo tre reti ufficiali, però due in un Derby e questa non è una cosa che si dimentica.

Tornando a me, come detto, ero a Palinuro e noi bambini seguivamo le partite tra la spiaggia e la tv del bar, mentre gli adulti come mio padre si riunivano in un’angusta stanzetta a fumare una sigaretta dopo l’altra in atroce sofferenza. Mia madre, beh mia madre come al solito le partite tese non le guardava per non soffrire… Quell’estate del 1982 mi fece perdutamente innamorare di un calcio che ora, senza retorica o senza sembrare un vecchio brontolone, purtroppo è un dato di fatto che non esista più. Ed ogni volta che guarderò la mia mano destra con il tatuaggio di Naranjito, l’arancia mascotte di quel Mondiale, il mio pensiero andrà sempre a Pablito e ad un’epoca forse irripetibile per il calcio e per il paese. Dunque, per questi Europei, teniamo vivo lo spirito italiano del passato: Forza Azzurri!

Roberto Johnny Bresso

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