Roma, 8 lug – Era accaduto nel 2017 così come nel 2022, entrambe elezioni presidenziali. Alle legislative del 2024 non cambia la musica. Parliamo di Francia, di doppio turno, e del solito “trucco” della sinistra francese di allearsi nel classico “Fronte popolare” di turno contro la presunta ultradestra di turno, guidata ovviamente da Marine Le Pen. A ben vedere, eravamo stati fin troppo ottimisti: la crescita dell’Rassemblment National è stata esponenziale negli ultimi anni e continua a “spingere”, ma le alleanze transalpine del secondo giro di votazioni hanno ancora una volta fregato la leader dell’ex Front National.
La sinistra francese “frega” ancora una volta Le Pen
Tutti contro Marine, e questo, sempre per onor del vero, lo avevamo ampiamente previsto tutti. Qualche sorpresa, però, poteva starci. Considerato che però tutto il mondo è Paese, come si suol dire, la sinistra francese in questo non si dimostra molto differente da quella italiana: ovvero nella capacità irrinunciabile di allarmarsi per fascismi inventati, addirittura transalpini e addirittura lepenisti. Oppure di fare fronte comune contro inesistenti “onde nere”, come Jean-Luc Melenchon aveva annunciato proprio la settimana scorsa dichiarando che “nessun voto” sarebbe andato al Rassemblement. Il leader della sinistra radicale non è poi così radicale, come del restro non è così radicale la cara Marie. Comunque, il teatro funziona, sebbene solo per il primo e non per la seconda, ma questo è un altro discorso. Ora però il problema francese sembra molto un “problema italiano”: perché il Nuovo Fronte Popolare arriverà massimo a 215 seggi, mentre per avere una maggioranza di governo ne servirebbero almeno 289. E perché Macron – che se la ride sotto i baffi, forse – aveva già dichiarato di non avere alcuna intenzione di stringere alleanze tra il suo gruppo centrista e la sinistra stessa. L’obiettivo minimo era uno, ed è stato raggiunto. Sebbene, con tutta probabilità, ci fosse molto poco di cui preccuparsi…
Il finto salto nel vuoto di Macron e la consapevolezza di Marine
Di Emmanuel Macron si può pensare ogni male possibile ma di certo non lo si può ritenere uno sciocco. L’azzardo di convocare le elezioni indubbiamente c’è stato, ma non è stato certamente il “salto nel vuoto “di cui molti hanno parlato. Il presidente francese era consapevole che a sinistra si sarebbero compattati e avrebbero fatto di tutto per annullare l’esplosione – purtroppo, ancora relativa – del Rassemblement, minaccioso con quel muro del 33% sfondato al primo turno dopo che già alle europee di quasi un mese fa era stato superiore al 31%. E lo sapeva pure Le Pen. La quale, non casualmente, su alcune questioni di politica estera aveva lasciato sia che il suo candidato primo ministro Jordan Bardella facesse promesse molto difficili da realizzare (come quella di tagliare i contributi francesi verso l’Ue), sia lo “smarcamento” dalla guerra in Ucraina, con la leader che ieri, al rush finale, annunciava la revoca delle armi francesi impiegate nel conflitto e l’ostacolo a qualsiasi invio di soldati.
Noi lo abbiamo sostenuto più volte: chi vede in Marie Le Pen qualcosa di significativamente differente da Matteo Salvini, da Giorgia Meloni o da Vox in Spagna, con le loro ritirate dai temi maggiormente dissidenti, è parecchio illuso (come è illuso chi ambisce a sviluppi simili per Melenchon). L’ambiguità sul conflitto russo-ucraino ha sempre dominato le dichiarazioni della cara Marie (che qualche mese fa si era “smarcata” anche dal leader leghista sostenendo che Mosca era un “nemico”) e le uniche parole forti sono venute poco prima di una sconfitta che, alla luce del “trucchetto” tema centrale della nostra riflessione, era tutt’altro che improbabile. In sintesi estrema, parliamo di slogan e nient’altro. Pronunciati con la probabile consapevolezza di non doversene assumere la responsabilità.
Stelio Fergola