Roma, 12 gen – Ieri, giovedì 11 gennaio, l’editore Antoine Gallimard ha posto la parola fine con un comunicato alle agenzie di stampa francesi alla querelle che agitava il demi-monde delle lettere e l’establishment politico francese ai primi di dicembre del 2017, ossia da quando erano trapelate le prime indiscrezioni, poi confermate dagli interessati, della volontà di Gallimard, della ultracentenaria vedova di Céline Lucette Almansor e del legale rappresentante e biografo céliniano avvocato Francois Gibault, di ristampare per la prima volta dal dopoguerra gli aborriti cosiddetti “pamphlet” di Céline, Bagatelle per un massacro (1937), La bella rogna (1938) e La scuola dei cadaveri (1942).
Alle prime obiezioni e richieste di spiegazioni, l’avvocato Gibault aveva risposto abbastanza ingenuamente che “i tempi gli sembravano maturi”, e che non vi era stato un gran che di scandalo nel 2015 alla ripubblicazione – e al successo di vendite – de Les Decombres di Lucien Rebatet, scandaloso pamphlet-mattone collaborazionista, se possibile ancor più antisemita delle Bagatelles. L’ingenuità dell’avvocato Gibault è stata non tanto quella di sottovalutare l’impatto di un nome come quello di Louis-Ferdinand Céline e dei suoi pamphlet, quanto non rendersi conto che negli ultimi tempi la corsa al politicamente corretto e l’ascesa al potere della dittatura della mediocrità stiano crescendo esponenzialmente mese per mese, settimana per settimana ovvero financo giorno per giorno, e ciò che poteva sfuggire agli inesausti e penetranti occhi delle Grandi Vestali della “Coscienza Universale” ieri, non lo sarà più l’oggi…
E l’avvocato della vedova Céline, qualunque siano le motivazioni della decisione di quest’ultima dell’andar contro la volontà del defunto marito di non vedere più ristampati Bagatelle e company – si è parlato dei costi delle cure mediche H24 della 105enne Lucette – probabilmente ha sottovalutato l’impatto non tanto delle lamentele delle Associazioni ebraiche e contro le discriminazioni, prevedibili e incarnate dall’usuale volto di Serge Klarsfeld, ma dell’imprinting pavloviano lasciato sui mediocri – la maggioranza – degli intellò, vuoi stampati, vuoi televisivi, vuoi di pixel, vuoi riscaldatori di poltrone IKEA accademiche, e commentatori assortiti, del mediocrissimo libro di una schieratissima sinistrorsa coppia, Annick Duraffour Pierre-André Taguieff, autori del libro a tesi Céline, la race et le Juif, uscito nel febbraio 2017. In questo ponderoso volume, accompagnato da una campagna mediatica senza precedenti per un testo accademico così di nicchia, il dinamico duo cerca di dimostrare questi ameni punti:
– Céline era un rabbioso antisemita (che originalità), peraltro ripubblicando come frutto di ricerche originali materiale arcinoto: dai suoi scritti e lettere comparsi sulle riviste di destra francesi nel 1940-1944 alla testimonianza parigina di Ernst Jünger dipingente Céline come un “maniaco introvertito” farneticante di epurazioni anti ebraiche. La qual cosa, più che scorretta scientificamente raggiunge vertici di ilarità quando i due si fanno riprendere dalle TV francesi, mentre compulsano le lettere di Céline alla stampa collaborazionista negli archivi della Biblioteca Nazionale di Francia – il che fa molto “topo d’archivio” – quando le stesse lettere sono già state comodamente rilegate in volume e pubblicate nel 1994 in Lettres des années noire dell’accademico Alméras, studioso non tenero con Céline, peraltro, e in altri testi (e tradotte in italiano in Céline ci scrive, Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944, a cura di Andrea Lombardi e con prefazione di Stenio Solinas, Roma 2011), o quando in ogni loro singola intervista, appello, manifesto e tazebao riprendono l’apocalittica citazione di Jünger, non considerando come Céline stava semplicemente recitando la parte del perfido nichilista, come suo solito con gli interlocutori che meno gradiva. Céline sarà stato senza dubbio sempre più soddisfatto di abbindolare l’altezzoso boche, e di suscitare la crescente indignazione dell’algido e aristocratico intellettuale ed esteta tedesco, combattente come lui nella prima guerra mondiale. Avvenimento del quale Jünger, a differenza di Céline che ne narrò soprattutto gli orrori, fu glaciale e appassionato cantore nelle sue prime opere, evocando la grandezza del combattente che si ergeva contro le tempeste d’acciaio degli scontri di materiél.
– Céline era pagato dai nazisti, riprendendo la nota – e falsa – accusa di Sartre, signorilmente rivolta dal filosofo esistenzialista e ex primo fan di Céline quando sul primo pendeva una comoda condanna a morte in comtumacia da parte della “giustizia” francese, occupata dal 1944 a far cadere più teste francesi piccolocollaborazioniste possibili per far dimenticare Vichy a Alleati occidentali e russi. Come mirabolante pezza d’appoggio, Duraffour e la Taguieff tirano fuori un verbale di interrogatorio di un agente della sicurezza tedesca (SD) che cita il nome di Céline in un elenco di personalità francesi attenzionate. Più che una pistola fumante, una pistola ad acqua.
– Céline, alla fin fine, oltre che a essere un poco di buono e un antisemita non è poi manco sto gran scrittore, ed è tale solo grazie a una consorteria di céliniani, célinofili e célinisti – segue nel libro radiografia antropologica-comportamentale delle suddette categorie – che si dividono grossomodo negli ingenui traviati e nei fiancheggiatori Collaborazionisti, comprendendo i critici letterari e biografi céliniani, tutti ritenuti troppo poco abili e troppo abbindolati da Céline per essere “scientifici”. Al contrario ovviamente di loro due fenomeni, ca va sans dire.
Ovviamente tutte queste chiacchiere di portinaia e rimasticature di altri lavori originali, come i fondamentali Les idées politiques de Louis-Ferdinand Céline di Jacqueline Morand-Deviller e Relevé des sources et citations dans Bagatelles pour un massacre di Alice Kaplan, sono però condite da un formidabile apparato di note, utili a abbagliare i ghiozzi e a dare dignità accademica a un’opera faziosa, dove tutto è piegato al dare una pseudo struttura scientifica alle opinioni preconcette degli autori.
Ebbene, in questo meraviglioso Brave New World, un libro così, che in tempi normali avrebbe avuto la triste sorte del macero per mancanza di vendite a parte le copie acquistate dagli autori per amici e parenti, è invece divenuto un testo di riferimento, e Duraffour e Taguieff osannati come “esperti di Céline”, oscurando nei media autori al di sopra delle parti come Éric Mazet, Henri Godard, i céliniani e ebrei Emile Brami e Pierre Assouline, Régis Tettamanzi (la sua curatela della edizione canadese dei pamphlet lì uscita nel 2012 grazie al differente diritto d’autore, viene ovviamente stroncata dalla coppia come “insufficiente”, d’altronde, solo 230 e passa pagine di note di un professore universitario che si dedica a Céline da decenni…), Jean-Paul Louis, esperto e magnifico editore céliniano, Gibault stesso…
E, prima che Antoine Gallimard si tirasse indietro, dopo aver dapprima apparentemente tenuto botta a decine di lettere di richiesta di “rassicurazioni” del Governo francese e israeliano e di una pletora di personaggi spazianti dai ministri della République ai pigliainculo e quaqquaraqà commentatori da operetta blog, segnaliamo che c’era stata infine una piccola apertura accademica per una edizione “contestualizzata da una ampio impianto di note smententi le tesi antisemite di Céline”, che NON poteva però essere lasciata ai soli “esperti céliniani” (d’altronde inadatti, perché gabbati da Céline o conniventi antisemiti tout court sotto sotto, vedi supra), ma che doveva essere condotta nei tempi dovuti solo da una “équipe multidisciplinare”. Seguivano poi una sfilza di paludati signor nessuno, e, ohibò! – tra i nomi chi ci troviamo? Ma la Duraffour e Taguieff, ovviamente! Abbastanza triste, nevvero?
Quello che succede poi è appunto notizia di ieri, Antoine Gallimard si tira indietro, e l’edizione è sospesa. E direi che se il rischio era di trovarsi Bagatelle per un massacro, opera violenta come le contemporanee poesie di Aragon inneggianti alla GPU e Stalin e al massacro dei “borghesi” – ma d’altronde i morti dei Gulag e dell’olocausto ucraino hanno avuto solo un Šalamov letto da centinaia e non uno Spielberg visto da milioni – ma molto più complessa e geniale nel suo forsennato delirio di sottocapitoli di dialoghi dell’assurdo, balletti e invettive non solo contro gli ebrei ma anche contro la chiesa, il comunismo, il fascismo e il nazismo, per poi contraddirsi e ricontraddirsi, contro la stupidità e vigliaccheria di governanti e governati francesi del primo dopoguerra, e da studiare anche come tratto d’unione tra la sperimentazione dell’argot dei primi romanzi e la petite musique degli ultimi, con la prefazione di sti due poveracci, allora meglio così, che non se ne parli più.
Andrea Lombardi
6 comments
A mio modesto parere, questa “recrudescenza” di antifascismo più o meno buonista non è che un colpo di coda di un sistema al capolinea. Se i “pamphlet” di Celine non si pubblicano oggi, si pubblicheranno domani. Ma si pubblicheranno.
Non pubblicare un gigante della cultura europea come LF Celine è un insulto all’umanità e alla Tradizione che ci appartiene e ci accompagna. Capre capre capre.
Chiarissimo e limpido…… I comunistucoli che regnano in europa,mediocri e deviati,escrementi di una fogna maleodorante, hanno il timore che mostrare al popolino esempi di capacità e decisione sia deleterio di fronte al loro nulla……solo con le armi e i brogli continueranno a parlare senza contraddittorio……il popolo si è svegliato.
Io non credo che abbiano mai letto un libro di Celine ma solo l’introduzione.
Un gigante del novecento.
A ristampare per la prima volta dal dopoguerra, nei primi anni 80, i “pamphlet” di Céline (“Bagatelle per un massacro”, “La bella rogna” e “Mea culpa”) è stata la casa editrice Guanda. La casa editrice Edizioni Soleil pubblica nel 1997 “La scuola dei cadaveri”.
Grande profeta ariano.
Boh, poi, per leggere le Bagattelle, serve mica un editore… Chi cerca trova… Basta parlarne…