Roma, 2 gen – Oggi ricorre un importantissimo anniversario per i confini d’Europa e della sua millenaria civiltà. All’alba di questo 2023 appena iniziato, compiamo un salto temporale all’indietro fino al 1492. L’importanza di questa data viene giustamente ricordata per la scoperta dell’America da parte del navigatore genovese Cristoforo Colombo, alla guida delle caravelle reali spagnole. Anche se oggi semi-dimenticata, il 2 gennaio del 1492, però, si compì un’altra grandiosa impresa sigillata con lo stemma reale spagnolo, destinata ad affermare la storia e i confini del “Vecchio Continente”. Stiamo parlando ovviamente della riconquista di Granada, quando gli eserciti di Ferdinando II di Aragona e Isabella di Castiglia espugnarono l’Alhambra, ultimo lembo di terra europea in mano al sultanato arabo.
L’Andalusia sotto dominio dei Mori
Oggi accantonata dagli archivi del progressismo, la riconquista di Granada segna un importantissimo momento per la storia d’Europa, sia da un punto di vista politico che religioso. Dopo secoli di dominio arabo in Spagna, dal 1272, l’ultima roccaforte musulmana nella penisola iberica rimane il Regno di Granada. La zona si estende a sud-est della Spagna occupando quasi interamente la costa in prossimità dello Stretto di Gibilterra. Come si evince dalla sua posizione, si tratta dunque di una posizione strategicamente importante in quanto, attraverso essa, gli arabi riescono ad esercitare grande influenza sull’intero territorio spagnolo e su parte d’Europa. Ciò avviene grazie a una massiccia presenza militare giunta dal Nordafrica e, soprattutto, attraverso complessi intrecci di alleanze e vassallaggio con le potenze dell’Europa cristiana.
Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona
Negli ultimi anni del 1400, il matrimonio tra Isabella e Ferdinando il Cattolico, sancisce i termini di una nuova strategia politica volta alla riaffermazione della matrice cattolica nei due regni di Castiglia e di Aragona. Scontratasi contro Alfonso V di Portogallo, la cui moglie Giovanna rivendicava la successione alla corona di Castiglia, Isabella dovette affrontare i gravi problemi di natura economica e sociale scaturiti nel dopo-guerra. Si presentò allora a corte l’allettante possibilità di appropriarsi dei benefici ecclesiastici nel Regno di Granada. Essi erano riconosciuti da una bolla papale di Innocenzo VIII. Tra le ricche proprietà contenute nella bolla, questa dava la possibilità di godere del patronato di chiese e monasteri del Regno di Granada, oltre che di presentare al Vaticano i nominativi per l’elezione di nuovi potenti vescovi e abati.
Lo scontro tra i sovrani di Castiglia e il sultano di Granada
Muley Abu al-Hasan, sultano del Regno di Granada, si oppone però al tributo che il suo Stato deve pagare nei confronti dei sovrani di Castiglia. A condizione della tregua tra musulmani e cristiani, Ferdinando II e Isabella pretesero infatti il rinnovamento dell’omaggio vassallatico. A quel punto, Il sultano minacciò i regnanti spagnoli che avrebbe adoperato il denaro per pagare il tributo per fabbricare armi contro il nemico cristiano. Erano i primi anni Ottanta del Quattrocento e, i due regni spagnoli, risposero allora muovendo guerra contro il Regno di Granada. Il conflitto durò oltre un decennio, con aspre battaglie alternate da trattative tra i cattolici e i Mori alla guida di diverse città. Già nel febbraio del 1482, il marchese di Cadice Rodrigo Ponce de Léon invase i territori in mano araba, conquistando la città di Alora che cadde definitivamente due anni dopo, nel 1484. Alora costituiva un importante avamposto difensivo per la capitale musulmana Granada e, per questo, i suoi abitanti si rivoltarono contro il sultano, costringendolo in fuga a Malaga, e nominando al suo posto il figlio Abu ‘Abd Allah (Boabdil).
La guerra civile tra i Mori e la riconquista cristiana
Padre e figlio arabi giunsero presto a uno scontro frontale che, da famigliare, arrivò a coinvolgere presto i rispettivi eserciti delle due città, rompendo il fronte difensivo dei Mori contro il nemico cristiano. Per fronteggiare sia i cristiani che il nuovo esercito del padre, il nuovo sultano Boabdil assediò la città di Lucene. Questa però venne presto liberata dall’esercito cristiano e, nel corso della battaglia, il sultano venne fatto prigioniero. Con Boabdil prigioniero, le truppe arabe si riunirono nuovamente sotto la guida di suo padre. A questo punto, per provare a frantumare di nuovo il fronte moresco, con un gioco di astuzia Ferdinando II liberò il giovane musulmano foraggiandolo per affrontare le truppe del padre. Gli eventi si svilupparono in una lunga serie di attacchi e contrattacchi, nei quali gli europei dimostrarono la propria forza all’invasore nordafricano. Nel settembre del 1484 le truppe cattoliche conquistarono Setenil, nel maggio del 1485 Ronda e un anno dopo Loja. Ma fu tra l’aprile e l’agosto del 1487, che gli eserciti di Ferdinando e Isbella ottennero le più importanti vittorie; prima a Vélez-Málaga, poi finalmente Málaga. Questi disastri militari portarono allora i reguli alla guida delle città arabe, a nominare definitivamente un nuovo sultano. Per mettere fine alla guerra civile interna al fronte musulmano venne scelto Zaghal, fratello del vecchio sultano e zio di Boabdil. La crisi militare dei mori però continuò ad incassare i duri fendenti dell’avanzata europea e, nel corso del 1489, Zaghal perde Baza, Cadige e Almeria.
La crociata per la riconquista dei confini europei
La bolla papale del 1479 arruolò nuove milizie in una crociata per mettere definitivamente il punto sull’annosa guerra iberica. In controprestazione al pagamento di una somma stabilita, la bolla offriva alle reclute l’indulgenza plenaria, l’assoluzione da peccati riservati, la commutazione di voti, il perdono e l’omissione di censure, dell’interdetto, del digiuno. Combattendo per l’Europa cristiana, le nuove reclute poterono quindi godere di una discutibile assoluzione sui delitti spirituali, realmente commessi o anche solamente imputati. La nuova spinta guerriera lanciata in campo dal fronte cattolico, portò due anni dopo l’esercito crociato a sfondare le mura della capitale Grenada. La città venne fondata dagli Arabi nel 756 sulle rovine della vecchia Illiberis divenendo, dopo la conquista di Cordova, la capitale dell’ultimo dei regni dei Mori. Il 6 gennaio del 1492, otto secoli dopo la conquista musulmana del regno visigoto, i seguaci di Maometto furono costretti ad abbandonare la penisola iberica.
L’Andalusia torna alla sua Patria
Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona divennero dunque i legittimi governanti sul territorio riannesso alla terra di Spagna. Anzichè distruggere quanto in precedenza edificato dagli arabi, proprio come questi ultimi fecero con la vecchia città di Illiberis, giustamente i due sovrani conservarono i più rappresentativi monumenti dell’arte orientale dell’Andalusia, come i maestosi palazzi dell’Alhambra e della Generalife, ancora oggi fiore all’occhiello del turismo spagnolo. Da questa riconquista, i confini d’Europa tornarono a delinearsi per come lo sono sempre stati, geograficamente e culturalmente, e per come fortunatamente li conosciamo oggi. Certo negli anni e nei secoli a venire non fu affatto semplice amalgamare una terra con una forte impronta islamica al resto della Spagna. Molte furono le rivolte degli arabi rimasti nella regione e terribili furono le conseguenti repressioni cristiane. Sotto la bandiera spagnola, l’Andalusia soffrì di una lunga quanto arida crisi economica e sociale, che portò migliaia di suoi abitanti, soprattutto arabi, a migrare in Nordafrica o altrove. Oggi, però, L’Andalusia è la più popolata comunità autonoma della Spagna con 8.403.350 abitanti e la seconda più estesa. La sua economia si è riscoperta fiorente grazie alle sue bellezze paesaggistiche, storiche e culturali. Le sue bellissime chiese, mischiate con la vecchia impronta arabeggiante, la rendono ancora oggi una terra affascinante, ponte naturale europeo tra Occidente e Oriente.
Andrea Bonazza