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«Razzisti, dovete chiudere»: così un'intervista a don Biancalani è diventato un "Processo del popolo"

by La Redazione
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Pistoia, 8 ago – Appuntamento per metà pomeriggio nei locali attigui la chiesa di Vicofaro. La richiesta prevedeva una breve intervista composta da quattro domande sugli spari esplosi qualche sera fa contro uno degli immigrati lì accolti. E poi c’è la questione del famigerato razzismo che pare imperversi in Italia, la questione dei cento immigrati momentaneamente accolti nei locali della parrocchia di don Biancalani e la quisquilia riguardante la libertà di esprimere dissenso nei suoi confronti e nei confronti di chi ritiene positivo accogliere africani e mediorientali a man bassa.
Troneggia un cartello al primo piano della canonica, accanto allo studio di don Massimo, ove sta scritto che l’accesso è vietato ai razzisti. E capite bene che la questione sulla libertà di esprimere il proprio dissenso nei suoi confronti diviene, se si vuole, imperante rispetto a tutto il resto. Perché a noi piace fare la cronaca e raccontare come la pensiamo, sebbene il nome Primato Nazionale faccia tremare le gambe a molti.

E così veniamo scortati al primo piano da un ragazzo volontario il cui ruolo è rimasto ignoto: ha aspettato che don Biancalani ci accogliesse nel suo ufficio sostenendo, nel frattempo, che giornali come questo dovrebbero essere chiusi perché fascisti. La dimestichezza con la materia giuridica appariva talmente acuta che a tali sermoni abbiam preferito rispondere chiedendo chi cavolo dovrebbe decidere chi può rimanere aperto e chi no. Risposta: “La società”. E la dimestichezza con la materia pedagogica risultava nuovamente talmente alta che abbiam definitivamente preferito attendere in silenzio che ci venisse aperta la porta.

Ci compare quindi davanti don Massimo in tutta la sua stazza e il ragazzotto sulle cui ottime letture non nutriamo dubbio alcuno esordisce avvertendo il prete che “Lui scrive per il Primato Nazionale eh!”. Della serie “Che cazzo fai, accogli sti stronzi?”. Ebbene sì.

Il dramma ha iniziato a consumarsi una volta dentro la stanza. Era presente anche un medico anziano, ex parlamentare, che si occupa della saluta di un po’ tutti e lo scrivente si è seduto dalla parte della scrivania dove stanno due sedie. Ed inizia così il processino del popolo in stile anni ’70 al cattivo ritenuto, molto arbitrariamente, un razzista e, perché no, anche un fascistello. Lo “start” viene premuto dallo sguardo di don Massimo che è un misto tra lo schifato e l’incazzato. Ammette difatti di esserlo e chiede il perché di tanto odio riversato su di lui e sui suoi protetti. E si ripropone la scenetta appena conclusa lì fuori in compagnia del fine giurista de’ noantri: la nostra parola sulla garanzia di non essere affatto dei razzisti vale pressoché niente e le insinuazioni sul nostro operato prosegue. Il parroco inizia la lettura di un articolo ormai datato a firma di chi scrive estrapolandone alcune frasi per avvalorare la sua tesi su quanto questo povero paese sia inquinato dalla marmaglia razzista. Quelli come noi, insomma, che fomentano l’odio. Trascorrono i minuti e delle domande che vorremmo fare neanche l’ombra: intanto il giudice prosegue la sua requisitoria e per uno sconvolgente caso egli interpreta anche il ruolo di pubblico ministero. Un imputato, a queste condizioni, difficilmente potrà provare la propria innocenza. E difatti noi risultiamo colpevoli.

Si inalbera, il prete, quando rispondiamo che sì, una certa pacchia legata agli immigrati ha da finire: facevamo riferimento ai nuovi rapper sbarcati gaudiosi che alloggiano in ottimi alberghi e cazzeggiano tutto il giorno. Allora il signor priore chiama un ragazzo arrivato due anni fa dalla Sierra Leone dicendoci che la sua pacchia si chiamava guerra. Il ventenne parla, in realtà, di malattie che mietevano vittime e non di guerra, e difatti don Biancalani deve ripiegare sulla definizione di profugo economico. E siccome c’è bisogno di chiarezza, ricordiamo ai presenti che tale categoria è inesistente poiché gli immigrati di quella tipologia o fuggono da guerre o persecuzioni, o sono clandestini. Preferiscono però ripiegare sul termine neutro “irregolari”. E mettiamoci l’ennesimo strato di vaselina.

Dei due accolti arrestati mesi fa per spaccio, afferma il prete, dovremmo prima di tutto conoscere le storie. Niente sa su come e dove essi siano entrati in contatto con le organizzazioni che li hanno reclutati per lo spaccio al minuto. E va bene che le autorità stanno proseguendo con le indagini, ma l’evento in sé, ovvero l’avvenuto contatto tra dei criminali e due degli immigrati accolti, serve probabilmente a capire che l’accoglienza di oltre ottanta persone al di fuori dei progetti standard può creare anche situazioni di questi genere: il caos. Il caos, non certo per colpa di don Massimo, è il terreno fertile per chiunque voglia mimetizzarsi in un certo ambiente per poterne trarre dei profitti. Se è umano non riuscire a tenere a bada una situazione del genere, non è scusabile la caparbietà con cui, celandosi dietro la solita e ripetitiva carità cristiana, si finisce per giustificare di tutto. Anche perché questo paese non è una teocrazia in quanto i dettami di qualsiasi confessione religiosa non possono competere con le norme dello Stato. E questo Stato ha un drammatico bisogno di organizzazione seria e severa, che dia un calcio nel sedere a quella gabbia ideologica chiamata politicamente corretto per affrontare a viso aperto temi caldi come l’immigrazione. Nella pratica: laddove un immigrato non ottenga alcun tipo di riconoscimento riguardante la situazione da cui proviene, non v’è altra soluzione al rimpatrio immediato. Le canoniche non possono essere trasformate in ostelli della gioventù in cui entrano senza controllo alcuno persone che tecnicamente non hanno diritto di rimanere sul suolo italiano. E sorvoliamo sull’andirivieni di navi di Ong che, non rispondendo ad alcuna legge né ad alcuno Stato, traghettano disperati da un continente all’altro.

Ma il problema siamo noi e la nostra cronaca, ovvero la narrazione di una tragedia ormai consolidata che ha assunto dimensioni inimmaginabili e i connotati di una deportazione di massa. La definiamo tale poiché riteniamo fondamentale che ogni popolo abbia la sua terra ed ogni terra il suo popolo. Riteniamo altresì importante non attrarre come una calamita la meglio gioventù di quei paesi del terzo mondo per non svuotarli delle menti e delle braccia che un giorno, forse, combatteranno per la riscossione della propria patria. Si parla anche e soprattutto di questo, di sentimenti e di attaccamento ad una patria che sembra ormai un’entità dissolta nell’acido dei buoni sentimenti imposti ad un popolo che ha raggiunto il suo limite. Un paese strattonato da personaggetti che privi di qualsiasi attaccamento alle proprie origini impongono una visione del futuro grigio, senza le sfumature che lo renderebbero colorato. Professandosi difensori degli ultimi, inceneriscono sul rogo della correttezza politica i molti. Gli eretici.

Continueremo la nostra cronaca fino alla prossima apertura del Primato, fino alla prossima mattina, perché è finita la pacchia anche per buontemponi che imbavagliano e ammanettano.

Lorenzo Zuppini

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6 comments

blackwater 8 Agosto 2018 - 6:26

è un vero peccato che non abbiate scattato una foto assieme a tal Bubba (Gump ?) un autentico RAMBO a giudicare dal poco probabile racconto da questi reso alla Repubblica,in seguito all’agguato;
un tizio che mentre sta già correndo sentendo degli spari da dietro le spalle anzichè cercare di correre ancora più velocemente si gira all’INSEGUIMENTO dei potenziali “killers”armati (riuscendo inoltre a trovare di NOTTE in una strada poco illuminata un bossolino a salve) è degno di arruolamento diretto senza concorso negli INC del Col Moschin o al GOI della Marina.
a proposito,l’intervista a tal Bubba è stata resa in INGLESE dopo ben TRE ANNI che questo “RAMBO” è mantenuto in Italia dalla collettività,segno di una integrazione tutta da discutere alla faccia di tanti bei discorsi caritatevoli “antirassisti”.

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Raffo 8 Agosto 2018 - 9:02

Attenzione,se parecchi pecoroni o coglioni italioti non si svegliano questi pseudo sacerdoti sodomiti ermafroditi e pederastri detteranno sempre più legge…….loro ed i cortigiani cattocomunisti……… ricordo che il presunto ordine dei giornalisti ha diffidato tutti coloro che negli articoli scrivono e precisano la nazionalita’ di negroidi e merda varia che compiono gli stupri o tentativi simili,al 90%bestie tribali bastarde africane……..che schifo di paese,la latrina europea……..ci fosse LUI.

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angelo 9 Agosto 2018 - 9:11

Come sempre un ottimo articolo che centra il problema, non fermatevi perchè siete la punta di diamante che perfora la coltre di ignoranza che per troppo tempo addormentato i cervelli di questa nazione, e solo il tempo vi darà ragione…

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Eva 10 Agosto 2018 - 2:20

Questo finto prete pederasta è pericoloso perché bugiardo, mente e lo sanno tutti nella zona perché i ragazzi non hanno offeso l’uomo di colore. Inoltre non è possibile che ci sia la notizia farsa della scacciacani per 24 ore in tutti i media, mentre il silenzio più assoluto su reati che commettono quotidianamente neri africani o stranieri in generale.

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Riecco don Biancalani. Adesso farà cantare Bella Ciao ai fedeli | www.agerecontra.it 22 Novembre 2019 - 1:07

[…] Quando andammo ad agosto 2018 ad intervistare don Massimo, l’accoglienza riservataci da un ragazzo volontario rese nitidi i confini entro cui si muovono persone del genere, e come in quella struttura si pratichi la costante demonizzazione dell’avversario. Che un parrocco ammetta tutto ciò all’interno dei locali a lui affidati è banalmente indecente, e lo è ancor di più se, celandosi dietro una finta maschera d’amore verso i bisognosi, egli trasforma il suo altare in un palco da comizio da cui lanciare addirittura canti politici. Si stima che gravitino attorno alla parrocchia di Vicofaro 250 soggetti per lo più immigrati clandestini. Se anche le autorità ecclesiastiche decidessero di rimuoverlo dalla sua parrocchia, risulterebbe impossibile gestire il caos che ormai regna sovrano, rendendo infattibile il lavoro del prete successore. Don Biancalani si difende dietro la scusa della necessità di aiutare chi ha bisogno, eppure nessuna opera di carità simile è mai stata imbandita per i pistoiesi in difficoltà. E oggi, a rincarare la dose, arriva l’idea geniale di trasformare la chiesa di Vicofaro in un manipolo di nuovi partigiani. Evidentemente non si è accorto che i “comunisti”, a lui tanto cari, sono al governo. […]

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