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La sinistra e la violenza: Dr. Jekyll, Mr. Hyde e l’assalto a “La Stampa”

by Sergio Filacchioni
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Stampa sinistra violenza

Roma, 1 dic – L’assalto guidato dai militanti di Askatasuna alla redazione della Stampa non è un semplice incidente politico. È uno specchio. E nelle crepe di quelle porte sfondate, nelle scritte “Fuck Stampa”, nei sacchi di letame rovesciati sul cancello, la sinistra italiana si è rivista per ciò che è davvero: una figura doppia, schizofrenica, che vive da decenni il proprio rapporto con la violenza come un dramma irrisolto. Da un lato il dottor Jekyll: editorialisti, docenti, intellettuali, gli stessi che fino a ieri parlavano di “mobilitazione giovanile”, “partecipazione attiva”, “lotta giusta”. Dall’altro Mr. Hyde: collettivi, centri sociali, gruppi antagonisti abituati a trattare la piazza come terreno di scontro, convinti che qualsiasi bersaglio diventi legittimo non appena viene dichiarato “complice del sistema”.

L’assalto alla Stampa riporta alla luce la schizofrenia di sinistra

Leviamoci subito da un imbarazzo: Jekyll non è vittima di Hyde. Ne è il nutrimento. Chi da anni romanticizza il conflitto sociale non può stupirsi se qualcuno decide di applicare quella grammatica anche al suo giornale di riferimento. A Torino è andata esattamente così. Mentre in redazione non c’era nessuno per via dello sciopero, ottanta persone hanno sfondato di prepotenza per entrare negli uffici, rovesciato documenti, devastato porte e lasciato insulti ai giornalisti. Il tutto accompagnato da una chiamata social esplicita: “Tutti alla Stampa, complice dell’arresto dell’imam”. Nessuna spontaneità, nessuna improvvisazione: una vera e propria spedizione organizzata. Perché? Perché gli antifascisti “di strada” interpretano alla lettera il linguaggio che il salotto gli serve da anni. Se chi contesta è sempre “resistenza”, se ogni forma di forza di piazza è restituita come “voce dei giovani”, se ogni scontro è colpa della polizia, se ogni contestazione diventa “anticorpo democratico”, allora a un certo punto qualcuno prende sul serio questa narrazione e la porta alle estreme conseguenze. Non c’è nulla di sorprendente in effetti. È solo coerenza.

Il patto simmetrico tra le due sinistre

La vera ironia è vedere i custodi della morale progressista svegliarsi all’improvviso nel loro stesso incubo. Gli stessi che per anni hanno trattato Askatasuna&Co come “spazio di socialità”, che ne hanno legittimato la presenza nelle università, che hanno ospitato i loro leader nei talk show come fossero interpreti del nuovo spirito del tempo, ora parlano di “attacco alla democrazia”, “violenza inaccettabile”, “minaccia alla libertà di stampa”. Ieri li coccolavi, oggi li denunci. È la classica dinamica tossica: Jekyll finge di non sapere chi è Hyde, finché Hyde non gli rompe la porta di casa. Ma ovviamente non c’è bisogno di fare i perbenisti, perchè il vero nodo non è la violenza in sé. È la sua gestione simbolica. La sinistra borghese non la rifiuta: la esternalizza. Ha bisogno del braccio di strada tanto quanto il braccio di strada ha bisogno della sua copertura politica e mediatica. La prima fornisce il racconto, la seconda fornisce la massa, la pressione, la forza fisica. È un patto simmetrico, nonostante l’astio rituale con cui gli antagonisti disprezzano i progressisti da salotto. Alla fine i ruoli sono complementari: Jekyll garantisce bandi, spazi, narrazione; Hyde garantisce voti, braccia, presenza e, quando serve, violenza organizzata. Funziona finché il bersaglio è il nemico giusto. Quando il bersaglio diventa la Stampa, la quarta parete si rompe. Il “malessere sociale” smette di essere un concetto da editoriale e diventa un buco nella tua porta d’ingresso.

La violenza non è eccezione ma ombra proiettata

Il caso torinese rivela l’unica verità che il progressismo non vuole dire: la violenza non è l’eccezione della sua periferia radicale, ma la sua ombra proiettata. Non nasce fuori, nasce dentro. Ogni volta che Hyde scende in strada, non viola il codice morale di Jekyll: lo interpreta alla lettera, spogliandolo della patina accademica e mostrando ciò che resta quando togli le sovrastrutture. L’idea che esista un’unica causa giusta, talmente giusta da autorizzare ogni rottura di livello. L’idea che chi è “complice” meriti di essere colpito. L’idea che il dissenso interno sia peggiore del nemico esterno. Per questo l’assalto alla Stampa non è un caso isolato, ma un promemoria. Lo stesso, in fondo, che traspare quando Francesca Albanese “avvisa” i giornalisti con naturalezza sorprendente: la linea tra giudicare e colpire si assottiglia quando la tua narrazione divide il mondo in colpevoli e innocenti. Ogni volta che Jekyll si convince di poter governare Hyde, Hyde gli ricorda che non c’è creatura che prima o poi non reclami il controllo.

Sergio Filacchioni

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