E’ di oggi, infatti, la notizia di un’inchiesta condotta dalla procura di Modena che mette nel mirino due aziende – la Betonrossi di Piacenza e la Aec costruzioni del capoluogo – e iscrive 15 persone nel registro degli indagati. L’accusa è quella di aver utilizzato cemento depotenziato per le opere di ricostruzione condotte nel cosiddetto “cratere”, l’area più colpita. L’inchiesta, denominata “Cubetto”, prende il nome da un’intercettazione nella quale si sente parlare di “cubetti”, che inizialmente sembravano essere panetti di droga (l’indagine era infatti partita su questo tema, prendendo poi questa direzione inaspettata) ma in realtà erano i blocchi di cemento, apparentemente non adeguati agli standard antisismici richiesti. Da qui l’avvio delle operazioni da parte dei magistrati modenesi, che hanno affidato alla squadra mobile oltre 20 perquisizioni condotte nella mattina di oggi fra Modena, Bergamo, Bologna, Lodi, Mantova, Milano, Piacenza e Verona.
Fra gli edifici posti sotto osservazione – e qui l’inchiesta prende una piega decisamente più drammatica – anche la nuova scuola elementare “Cesare Frassoni” di Finale Emilia – città-simbolo del sisma con la sua torre dell’orologio spezzata in due – che avrebbe dovuto accogliere 400 bambini a partire da settembre. Non è escluso che la riapertura possa a questo punto, se saranno verificate le accuse, slittare.
Non è la prima volta che emergono criticità nella gestione della ricostruzione, fra infiltrazioni della ‘ndrangheta, cooperative furbette (fra cui la nota Cpl Concordia, proprio di Finale Emilia, che con gli aiuti per il terremoto finanziava gli appalti di metanizzazione, ottenuti versando generose tangenti e con accordi con le comunità criminali campane, di Procida), fondi promessi dal governo ma mai arrivati – mentre invece il prefetto si mostra assai generoso quando si tratta di stanziare sul territorio centri di accoglienza.
Filippo Burla