Roma, 3 set – Ricordate quando, poco tempo fa, Laura Boldrini ci invitò ad aprire le porte anche ai “rifugiati climatici” (o “eco-rifugiati”, secondo l’ancor più surreale denominazione usata dal presidente della Camera)? Ora, ciò che dice la Boldrini lascia un po’ sempre il tempo che trova, dato che anche a sinistra hanno smesso da tempo di concederle il minimo credito. E tuttavia, proprio nel suo estremismo fuori dal mondo, le sue farneticazioni sono sempre utili, perché mostrano cos’è il pensiero dominante portato alle sue logiche conseguenze.
In effetti, finché si rimane nel paradigma oggi vigente, quali argomenti abbiamo per dire che chi scappa dai cambiamenti climatici non abbia anch’esso diritto all’accoglienza? Ci sono gli ordinamenti internazionali, certo, ma a parte il fatto che le leggi vengono sempre interpretate e anche riscritte, si capisce bene come ci sia al fondo una questione di principio che ha poco a che fare con questo o quel trattato, con questo o quel regolamento.
E andiamo oltre, pensiamo l’ideologia fino in fondo: se anche i migranti non scappassero da nulla, se desiderassero solo rincorrere la propria personale ricerca della felicità qui da noi, avremmo noi il diritto di chiudere loro le frontiere? La risposta a questa domanda divide in due le nostre società: per alcuni, di fatto, chiunque può andare dovunque, a prescindere dal fatto che scappi o meno da una guerra. Per altri, invece, esiste un diritto al radicamento che è prioritario rispetto a ogni diritto di libero movimento.
Detta in termini più semplici: per la sinistra, il fatto che i migranti fuggano dalle guerre, è secondario, perché tanto per loro bisogna accogliere tutti lo stesso. Per chi abbia una coscienza identitaria, invece, il fatto che i migranti fuggano dalle guerre è secondario per il motivo opposto, ovvero perché chi si stabilisce sulla propria terra in modo massivo e permanente non va accolto in ogni caso, a meno che non si tratti di un soccorso limitato nel tempo e nelle dimensioni.
Insomma, questa storia della guerra non è decisiva, né in un senso né nell’altro. Molto semplicemente, per alcuni il fatto di nascere, vivere, abitare in un determinato luogo innesca dei meccanismi di identificazione, radicamento, costruzione di senso fra popolo e territorio. E spezzarli è criminale. Per altri – in una visione che è, allo stesso tempo, estremamente comunista ed estremamente capitalista – esistono solo individui che si muovono come vogliono su una terra liscia, anonima, sempre uguale a se stessa.
La logica della Grande Sostituzione nasce in questo preciso momento: quando si ritiene che “Italia”, “Francia”, “Lombardia”, “Fiandre”, “Europa” siano i nomi di semplici zone amministrative da riempire con una popolazione qualsiasi. Quando Padoan dice che dobbiamo riempirci di immigrati perché siamo sottopopolati fa un discorso a suo modo sensato: se siamo tutti individui, tutti uguali, tutti intercambiabili, allora spalanchiamo le porte a nuovi contribuenti venuti dall’Africa che paghino le pensioni dei nostri anziani. È logico. È la sua logica. Che poi questi nuovi individui fuggano o meno dalle guerre, importa davvero a qualcuno?
Adriano Scianca
113
1 commento
potremmo riproporre queste tesi a livello nazionale, regionale, individuale … se ci sono “individui che si muovono come vogliono su una terra liscia, anonima, sempre uguale a se stessa….che desiderassero solo rincorrere la propria personale ricerca della felicità” ai quali non fossero opponibili nè barriere nè divieti, immaginiamo allora che tutti gli abitanti della Lucania volessero trasferirsi in Lombardia e poi, per stare meglio, decidessero di andare tutti in Svizzera e così via, sempre alla ricerca di un maggiore benessere personale …chi potrebbe impedirlo?? e perchè il barbone non potrebbe decidere di istallarsi nell’appartamento del ricco professionista per godere di maggiori confort e condizioni di vita più agiate?? …se ogni balordo accogliente vivesse direttamente, sulla propria pelle e sui propri beni, una situazione di condivisione forzata, forse tanta generosità pelosa verrebbe meno