Roma, 6 nov. - La "sega di Hitler" è al centro delle ultime dispute del caso Marò. Tranquilli, non ci si riferisce alla passione per il bricolage dell'ex dittatore nazista, ma piuttosto allo "Allegato n.5" (Annex5) di cui abbiamo già scritto su queste pagine. (https://www.ilprimatonazionale.it//cronaca/maro-mitragliera-fantasma-firme-false-per-dimostrare-colpevolezza-33214/).
Annex5 è uno dei 56 allegati depositati dalla Republic of India il 4 agosto scorso al Tribunale Internazionale di Amburgo a supporto della pretesa colpevolezza (che non può essere messa in discussione, secondo loro) dei due accusati Latorre e Girone. Si tratta del “Search list for weapons, 26 february 2012” ed è l’elenco del materiale rinvenuto e in parte sequestrato sulla Enrica Lexie. Qui trovate l’analisi completa di Annex5 (http://www.seeninside.net/piracy/it-alle1.htm#c6).
E’ un documento abborracciato alla meglio, composto da frammenti veri e altri fasulli, che si caratterizza per due esemplari firme false dei rappresentanti italiani apposte sulla ultima pagina. Non è una falsificazione particolarmente sofisticata, diciamo assimilabile a quella di Totò che, falsario alle prime armi, stampava banconote di perfetta fattura ma da 6.000 Lire invece che 5.000, per avere un margine di profitto rispetto ai costi di produzione.
Qui il “margine di profitto” per questa ennesima ridicola buffonata è instaurare il dubbio che sulla Enrica Lexie, a disposizione dei militari italiani, ci fosse una mitragliera calibro 7.62mm (Machine Gun 7.62) che alcuni fra i più audaci si sono già affrettati ad identificare come “MG 42/59”, che poi deriva dalla “Maschinengewehr 42”, la appunto celebre “Sega di Hitler” per la sua esageratamente elevata cadenza di tiro (esagerata perchè fondeva la canna).
Insomma un bel depistaggio, tant’è che nelle conclusioni su Annex5 qualche giorno fa scrivevo: “Quanto alla ‘Machine Gun 7.62’ qualche giornalista fantasioso ci potrà montare un pezzo di colore in chiave colpevolista (Forse, in fondo all’oceano indiano, c’è la prova che inchioda alle loro responsabilità…. ). E infatti ieri, su Il Fatto Quotidiano in un articolo dedicato alla vicenda Marò è apparso il brano: “Terzo, anche qualora si dimostri che i proiettili sparati corrispondano o no alle dotazioni dei militari italiani, nulla toglie che i marò possano aver usato altri armamenti non dichiarati; non sarebbe la prima volta che dei soldati usino armi non ufficiali. Anche in questo caso chi mai lo dimostrerà? Le acque dell’Oceano sono molto profonde anche per loro”. (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/04/maro-allora-ingenuita-e-sovranita/2187271/)
Certamente, nessuno a priori può escludere niente. Giuseppina tradiva Napoleone? Il celebre Corso era convinto di no, ma come fai ad escluderlo con certezza?! Nella fattispecie il team militare comandato da Latorre avrebbe tenuto di nascosto la mitragliera nella base logistica di Gibuti, opportunamente nascosta sotto il letto, per poi trasportarla in modo occulto (custodia di contrabbasso?) fino nello Sri Lanka, nel porto di Galle (dall’altra parte dell’Oceano Indiano), dove la hanno di nascosto imbarcata sulla Enrica Lexie che proveniva da Singapore.
Nessuno si è insospettito a vedere il contrabbasso per via che gli italiani, è risaputo, sono melomani e chiunque si aspetta che noi si improvvisi un coro (“O Sole Mio, Torna a Surriento”, etc). Ovviamente durante i turni di guardia il contrabbasso (con dentro la Sega di Hitler) era sul ponte di comando pronto ad essere usato appena avvistato un peschereccio disarmato.
Poi, una volta commesso il misfatto (il tiro al bersaglio contro i pescatori disarmati, mentre gli altri italiani ridevano) stupidamente invece di buttare a mare la mitragliera, ci buttano la custodia del contrabbasso e si tengono la mitraglia, la canna di ricambio e le munizioni (trovassimo un altro peschereccio, hai visto mai!).
E’ la logica conseguenza di quello che scrive Il Fatto Quotidiano e vedrete che nei prossimi mesi il tema sarà autorevolmente sviluppato da chi si rivolge a quel pubblico di lettori D.I. (Diversamente Intelligenti), che sono incapaci di vedere le firme false ma amano queste ricostruzioni complottiste in chiave ideologico-terzomondista.
Comunque fortunatamente ormai c’è internet e l’informazione non va più a rimorchio della carta stampata.
Il rappresentante della Republic of India al Tribunale di Amburgo ha scritto che “in questa vicenda l’Italia cerca di suscitare compassione”. E’ boria mal riposta visto che hanno depositato disegni fasulli, firme false e centesimi di millimetro misurati col metro a nastro.
In rete, sui social network, nei gruppi “prò-Marò” siamo decine di migliaia e non ci sarà angolo di mondo dove non lo verranno a sapere.
Luigi Di Stefano
8 comments
Sono un lettore de il fatto quotidiano ma mi devo ricredere dopo l articolo sui maro’ ,che io chiamo soldati Italiani ,dimenticando che chi li ha mandati li tratta come semplici mercenari privati almeno così sembra visto che li hanno abbandonati
Sempre che siamo ancora liberi di esprimere un opinione , questa è la mia e non vuol offendere nessuno
Salve Massimo, Marò deriva (ho letto da interventi di marinai esperti) dal fatto che sui documenti (mi sembra proprio sul libro di bordo) per motivi di abbreviazione per indicare il marinaio semplice si scriveva “Mar.o”, marinaio.
Niente di “politico”, solo antica tradizione marinara.
Avendo lettori grillini e della sinistra falso buonista, terzomondista, finto pacifista, filo islamica molto cattocomunista, é logico pensare a che quel giornaletto di base profilo colpevolizzi i Maro’ e dia ragione al governatorato comunista del Kerala
Grazie, Luigi Di Stefano, per essere riuscito a farmi sorridere. D’altro canto, il merito non è del tutto tuo, visto e considerato che ormai sembra di assistere a una farsa. Come hai detto tu: teniamo alta la guardia e continuiamo a stargli col fiato sul collo finché la verità (e dunque l’innocenza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone) non sarà riconosciuta da tutti pubblicamente! Mi permetto di mandare un saluto a @Massimo Riti: il tuo commento, da lettore de Il fatto quotidiano, ti fa onore.
Grazie Jo mi reputo solo una persona obbiettiva , mediamente intelligente che valuto ogni notizia documentandomi con grande curiosità mentre molti leggono e non pensano ….imparano a memoria …..il che’ è triste
Caro Di Stefano, tu concludi:
“In rete, sui social network, nei gruppi “prò-Marò” siamo decine di migliaia e non ci sarà angolo di mondo dove non lo verranno a sapere”
Bene: non possiamo organizzarci perché sul WEB, tutte le risorse di Internet che possono essere raggiunte con il protocollo HTTP dedichino spazio alla presentazione – sintetica ma efficace, in corretta lingua inglese – dell’ affair Marò senza la minima deformazione dei fatti, raccontando fino ai documenti che gli indiani hanno fatto pervenire al tribunale arbitrale ?
Salve Francesco, c’è un gruppo di traduttori volontari e tutte le traduzioni sono già fatte (tranne tre). Conto di aver tutto pronto e pubblicato per fine novembre, in modo che il tutto sia a disposizione di giudici e avvocati del Tribunale dell’Aia in tempo utile, prima che inizi il procedimento (previsto per metà gennaio)
Voglio chiarire che da oltre tre anni mi seguono giornalisti di “destra” e di “sinistra”, uomini e donne, che hanno in comune una cosa: sono giornalisti di guerra. Gente che si è trovata sotto il fuoco, che piange amici caduti, e che ha dato contributi notevoli alla vivisezione del caso Marò.
Ora abbiamo le prove, dai documenti ufficiali, dell’ignobile farsa messa in atto contro i due accusati: tutti lo sanno, tutti hanno a disposizione i documenti ufficiali e la loro analisi fatta in chiave tecnico-giudiziaria.
E’ un altro passo avanti che impedirà lo svolgimento di un processo farsa a New Delhi, coi due venduti dall’Italia come capi di bestiame.