Roma, 3 gen – La qualità non paga, soprattutto su Netflix. Dopo appena una stagione la piattaforma streaming ha deciso di cancellare 1899, non rinnovandola.
La serie 1899 cancellata da Netflix
Sono stati gli stessi autori di 1899 Baran bo Odar e Jantje Freise, già creatori di Dark, a dare l’annuncio della cancellazione con un messaggio sui social: “Col cuore gonfio dobbiamo dirvi che 1899 non è stata rinnovata. Avremmo voluto concludere questo incredibile viaggio con una seconda e terza stagione così come abbiamo fatto con Dark. Ma a volte le cose non vanno secondo i piani. È la vita”. Insomma, una notizia che deve aver colto di sorpresa per primi i due showrunner, i quali hanno voluto comunque ringraziare i propri fan: “Sappiamo che questo deluderà milioni di fan là fuori. Ma vogliamo ringraziarvi dal profondo del cuore per essere stati parte di questa meravigliosa avventura. Vi vogliamo bene. Never forget”. Il finale della prima stagione aveva infatti lasciato senza risposta diversi enigmi e si era conclusa con una grossa rivelazione. L’ultima espressione, “Never forget” è un rimando esplicito ad una battuta ricorrente delle serie e di uno dei suoi nuclei narrattivi principali, quello del ritorno all’io e del ricordo di sé. Intanto, sui social è scoppiata la rivolta dei fan contro la decisione di Netflix di cancellare la serie, tanto che su Twitter è comparsa la pagina “Save 1899” con tanto di petizione per far cambiare idea alla piattaforma.
Wake up. Welcome to reality
Dietro la cancellazione dovrebbero esserci motivazioni economiche, nonostante la serie abbia avuto fin da subito un buon successo. 1899 era rimasta per per un mese nella top 10 delle serie Netflix più viste ed accumulato visualizzazione per un totale di 87,9 milioni di ore. La serie ha probabilmente pagato la nomea di essere un’opera “troppo complessa”. Quello che al più potrebbe essere un merito, diventa un’accusa in un tempo in cui il pubblico è sempre più abituato a prodotti banali e sempre uguali. Le premesse di 1899 sono in apparenza semplici: siamo alla fine del secolo, la nave Kerberos viaggia in direzione dell’America, i passeggeri a bordo sembrano voler fuggire ciascuno dal proprio fardello e dal proprio passato, sullo sfondo la misteriosa scomparsa di un altro piroscafo, il Prometheus. Da qui gli autori riescono a tirare fuori una storia a dir poco sorprendente, capace di mescolare generi diversi e di scavare in profondità, andando a toccare in maniera inaspettata temi di un spessore filosofico non indifferente.
C’è il simbolo alchemico della terra, una primide barrata rovesciata, che ricorre quasi ossessivamente, come a signficare una necessità di trasfigurare la materia e oltrepassare la prigione del corpo – o meglio, il nietzcheano spirito di gravità – forse fino ad una sua trasformazione in spirito, in aria. In fondo: “La gente ignora la realtà, vede solo ciò che vuole vedere, costretta dalle proprie restrizioni mentali. Quando basterebbe solo cambiare prospettiva per vedere la reale portata delle cose”. Proprio il concetto della realtà come sogno o come simulazione è una delle chiavi di volta della serie, che non a caso cita il mito di Platone: “L’idea che la nostra conoscenza abbia dei limiti e che non possiamo sapere se le cose sono davvero come appaiono, siamo immersi in un torpore, inconsapevoli della vera natura delle cose”. Da qui la necessità di un ritorno e di un risveglio per giungere davvero a sé stessi, come attraverso un labirinto: “Wake up. Welcome to reality”, “Risvegliati. Benvenuto nella realtà”.
Michele Iozzino