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“I luoghi sacri. Metafisica e simbolica”: per Bietti il nuovo libro di Sandro Consolato

by La Redazione
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Roma, 31 ott – Per la collana Minima Letteraria delle Edizioni Bietti è uscito il saggio di Sandro Consolato I luoghi sacri. Metafisica e simbolica (pp. 52, Euro 4,99). Pur rispettando la brevitas della collana, sapientemente curata da Andrea Scarabelli, l’Autore, compiendo escursioni nel tempo e nello spazio, connettendo dottrina metafisica e geografia sacra, ricorrendo a pagine di esoteristi come Guénon e Evola e di sapienti tibetani cone Namkhai Norbu, ma pure a pagine di filosofi e scrittori moderni come Jünger, Spengler ed Hillmann, riesce ad offrire al Lettore una esaustiva spiegazione di cosa sia un “luogo sacro” e quale significato possa avere ancora oggi per l’umanità. Per gentile concessione delle Edizioni Bietti pubblichiamo un estratto del libro dedicato a Roma.

Luoghi sacri, Sandro Consolato racconta la fondazione di Roma

Volendo concentrarsi sull’Occidente, si può ritenere che il luogo più sacro che esista in tale parte del pianeta è proprio in Italia, ed è Roma. Questo lo ammette anche Guénon, ed è implicito nelle stesse profezie sulla “fine dei tempi” di ebrei e musulmani che hanno Roma come luogo di dimora nascosta del Messia o come oggetto di una conquista islamica. Arturo Reghini, in un suo splendido saggio di linguistica sacra, aveva del resto scritto: «Pure, come vi sono sopra la terra regioni più fredde e più calde, più fertili e più aride, così vi sono regioni dove la pianta iniziato cresce meglio che altrove. Il linguaggio e la razza non sono le cause di questa superiorità metafisica, essa appare connaturata al luogo, al suolo, all’aria stessa. Roma, Roma caput mundi, la città eterna, si manifesta storicamente come una di queste regioni magnetiche della terra».

Una città, precise leggi spirituali

Il rito di fondazione di Roma rimane ancor oggi l’exemplum più notevole di riconoscimento di un luogo numinoso grazie alla scienza augurale e di nascita di una città secondo precise leggi spirituali.

Si prendono gli auspici per sapere da Giove se è lecito fondare la città, chi e in che giorno dovrà fondarla, quale dei due gemelli ne dovrà essere il re. Poi c’è quella sorta di ordalia che assegna la vittoria a Romolo negli auspici, dopo che entrambi i gemelli ne hanno scelto la sede, uno sul Palatino e l’altro sull’Aventino, all’interno di un templum, ovvero uno spazio ritagliato ritualmente sul terreno e con proiezione nel cielo.

Romolo, quindi, si rivolge agli Etruschi di Veio, i cui libri rituali contengono le prescrizioni sacre per la fondazione delle città. In un giorno determinato, il 21 aprile, sacro alla dea Pale, la dea pastorale del Palatino, su questo colle Romolo prende i suoi secondi auspici in un nuovo templum, aspettando la benedizione di Giove non più su se stesso ma sul luogo dove deve sorgere la città. Segna dunque con quattro pietre infitte nella terra i limiti, il pomerium, dell’Urbe.

A questo punto, dalla sua capanna sul colle dà inizio ai riti di fondazione. Scava una fossa – il mundus – ove lui e i suoi compagni gettano le primizie dei raccolti e le zolle delle terre d’origine. La fossa, riempita e ricoperta, viene sigillata. Tutti conoscono l’espressione ab Urbe condita, con cui i Romani esprimevano gli anni dalla fondazione di Roma, ma condere vuol dire, come ricorda Andrea Carandini, sia fondare che nascondere.

Il primo fuoco dell’Urbe

Alla fossa viene associato un fuoco, che è il primo fuoco dell’Urbe. Quindi, suonato il lituo, la tromba augurale, Romolo pronuncia i nomi di Roma, quello pubblico e quelli segreti, rimasti ignoti per sempre ai non iniziati, ancorché testimonianze antiche vogliano Amor il nome iniziatico, Flora il nome sacro, Roma Quadrata il nome politico.

Infine, l’ultimo rito, che è peraltro il più noto: quello del tracciamento del sulcus primigenius, la fossa che gira attorno all’Urbe del Palatino e che segna il percorso delle mura da costruire.

Il rito è un rito ierogamico tra Cielo e Terra, in cui il solco è tracciato con un aratro di legno dal vomere in bronzo, guidato da un toro e da una vacca bianchi, il primo posto all’esterno e la seconda all’interno. Là dove Romolo alzava il vomere interrompendo il solco sarebbero sorte le porte urbane. Alla Porta detta Romanula, concluso il solco, vengono sacrificati il toro e la vacca, invocando Giove, Marte e Vesta.

Sandro Consolato

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