Atene, 20 lug – Aristi Tsipras, la madre del premier greco, finalmente può stare tranquilla. Qualche giorno fa in un’intervista si era detta assai preoccupata per le condizioni del figlio. Queste per l’esattezze le sue parole: “ Alexis ormai non lo vedo quasi più. Va diretto dall’aeroporto in Parlamento. Non ha tempo di vedere i suoi figli, come può vedere me? Mangia poco, dorme a stento. Quando parliamo, io gli dico di cercar di fare il meglio per il Paese e di aver cura di sé. Mi risponde di non preoccuparmi e che tutto andrà bene”.
La notizia è arrivata in Italia grazie ad un bell’articolo di Mario Valenza pubblicato su Il Giornale il 18 luglio scorso. Oggi, però, in Grecia riapriranno le banche. Il peggio è alle spalle. I ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Eurogruppo hanno dato anche il via libera al prestito ponte da 7,16 miliardi di Euro per la Grecia, che sarà erogato attraverso il vecchio fondo salva-Stati. A Lussemburgo l’Esm (Meccanismo europeo di stabilità) l’organismo a cui Atene si è rivolta per il terzo programma di aiuti “ha garantito, in principio, sostegno alla stabilità in Grecia sotto forma di programmi di prestiti”, e infine l’Eurogruppo – forte di questo pronunciamento – ha dato mandato formale di intavolare le trattative con Atene.
Le parole di Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, sono molto rassicuranti: “Quanti sostengono che in Europa ci sia mancanza di solidarietà oggi devono ricredersi”. Con questi soldi finalmente il primo ministro greco potrà tornare a dormire sonni tranquilli. Tranquilla, dunque, signora Aristi il suo piccolo Alexis tornerà mangiare e a dormire. Non mette la cravatta ma non esce di casa senza la maglia della salute.
E’ bene fare qualche precisazione. Il denaro servirà solo a pagare i debiti; in primis bisognerà dare circa due miliardi di euro al Fondo monetario internazionale. Il resto verrà speso per rimborsare titoli obbligazionari alla Bce. Il denaro però sarà insufficiente per pagare i prestiti in scadenza a metà agosto. Su questo punto Dombrovskis si mostra fiducioso: “Credo ci sia abbastanza tempo per raggiungere un accordo prima della metà di agosto”. Detto in poche parole vengono concessi prestiti al solo scopo di rendere il popolo greco prigioniero del suo debito. Oggi la Trojka tornerà a vigilare su Tsipras e sul suo governo affinchè mantenga gli impegni presi. I tecnocrati non sono mica fessi. Visto il comportamento del leader di Syriza con i suoi elettori, meglio marcarlo a vista.
Ma se Atene piange, qualcuno nel Vecchio Continente se la ride. Non parliamo certo della Merkel ma del premier ungherese Victor Orban. L’Ungheria di Orban nel 2013 dopo aver estinto i suoi debiti (15 miliardi di dollari che il Fondo monetario aveva concesso nel 2008, quando il paese era sull’orlo della bancarotta) cacciò in malo modo i funzionari del Fmi. Oggi persino i più trinarciuti critici di Orban riconoscono alcuni risultati importanti. I grandi successi economici raggiunti dai magiari sono stati riassunti da un articolo di Rodolfo Casadei pubblicato dalla rivista Tempi: “ L’anno scorso il Pil ungherese è cresciuto del 3,6 per cento, il valore più alto in tutta l’Unione Europea. Il tasso di disoccupazione è sceso dall’11 per cento del 2011 al 7,7 per cento alla fine dello scorso anno. Il consumo privato così come la produzione industriale hanno ripreso a crescere. E tutto questo è stato realizzato senza aumentare il debito pubblico, che anzi è diminuito da un valore pari all’80,9 per cento del Pil nel 2010 al 77,3 per cento attuale (i governi socialisti lo avevano fatto impennare dal 55,1 per cento del 2002 all’80,9), e senza sfondare il limite del 3 per cento di deficit annuo del bilancio fissato da Bruxelles: tutti lo indicano al 2,5 per cento nel triennio compreso fra l’anno scorso e il prossimo”. Eppure oggi si parla di questo Paese solo per il muro che sta costruendo per tutelare al meglio le sue frontiere.
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La vera forza di Orban però non deriva dai pur lusinghieri risultati economici. Al contrario la sua rivoluzione parte dalle radici. L’identità magiara è diventata il collante di una nazione che, seppur piccola, non vuole subire i ricatti altrui. La sovranità di un popolo si misura dalla sua capacità di resistere alle sirene mondialiste. Orban non ha bisogno di una lista arcobaleno come quella formata dal premier greco alle ultime elezioni europee. L’altra Europa con Tsipras, è stata la maschera buonista dietro la quale si cela il capitalismo apolide. Il premier ungherese, dal canto suo, è nel Partito Popolare Europeo. Starà insieme a Junker e alla Merkel a Bruxelles finché gli converrà, ma nessuno può dire a lui cosa fare a Budapest.
Ogni forza politica identitaria e nazionale ha solo da imparare da Orban. Ma seguire l’esempio magiaro non può voler dire scopiazzare le sue scelte di politica economica, dettate da contingenze spazio temporali. L’impegno è più arduo è necessario costruire un’alternativa partendo da se stessi. Per usare un’espressione cara a Gabriele Adinolfi: “Ricorda che il primo nemico sei tu e lo sei quando assomigli agli altri e peggio ancora quando cerchi di somigliare a loro”.
Recupero Salvatore
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