Roma, 18 feb – Se nel 2009 si arrivò vicini alla attuazione del dettato costituzionale sulla “Partecipazione” per poi partorire il “topolino” dell’articolo 4 comma 62 della, per altro vituperata, legge Fornero – che ne doveva lanciare una sperimentazione, poi mai finanziata – la combinazione astrale tra Governo di destra-centro e gli aspetti inclusivi del tema che coinvolgono non solo l’area identitaria, ma anche il mondo cattolico, il liberalismo, il riformismo fabiano socialista e l’ecologismo comunitarista, potrebbero fare il miracolo. Infatti la CISL, recuperando una sua vocazione storica, che la vedeva dalla sua fondazione favorevole a forme di partecipazione alla gestione dell’impresa, retaggio della dottrina sociale della Chiesa, ha presentato una sua proposta di legge di Iniziativa Popolare.
L’UGL in collaborazione con l’Istituto Stato e Partecipazione, ne ha proposta un’altra. Mentre in Parlamento, in questa legislatura, risultavano presentate svariate proposte di legge da singoli deputati o gruppi politici. Due da parte di Fratelli d’Italia, una da parte della Lega. Un’altra dai capogruppo di FdI, Forza Italia e Moderati, una da parte di Italia Viva. Quest’ultima prevedeva, tra l’altro, un interessante limite alla sproporzionata crescita della remunerazione dei CEO e del Top Management aziendale.
Lo stato dell’arte nelle Commissioni
Vediamo ora lo stato dell’arte del lavoro nelle Commissioni coinvolte proprio nell’esame della Proposta di Legge di Iniziativa Popolare presentata dalla CISL, finalizzata a dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione, allargando e consolidando i processi di democrazia economica e di sostenibilità delle imprese. Nello specifico, l’articolo 2 indica le definizioni, ai sensi della presente proposta di legge, di partecipazione gestionale, di partecipazione economico finanziaria, di partecipazione organizzativa, di partecipazione consultiva, di contratti collettivi.
Il capo II è relativo alla partecipazione gestionale dei lavoratori. Nelle società cui previsto il sistema duale, i contratti collettivi possono prevedere la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori dipendenti nei Consigli di Sorveglianza (non meno di un quinto). L’individuazione delle modalità di indicazione è rimessa ai contratti collettivi. Mentre sono stati abrogati i previsti meccanismi premiali per le società che incentivano la partecipazione nei Consigli di Sorveglianza. E l’estensione dell’applicazione dell’articolo alle Cooperative di Consumo .
Nelle società che non adottano il sistema duale, la partecipazione dei lavoratori è all’interno del Consiglio di amministrazione. La procedura per l’individuazione è la medesima, mentre è stato soppresso il comma che prevedeva permessi retribuiti per gli Amministratori dipendenti dalle Società coinvolte.
Società a partecipazione pubblica e distribuzione degli utili
L’articolo 5, indicava l’obbligo per le società a partecipazione pubblica di integrare nel CdA almeno un amministratore nominato con le stesse procedure previste per il settore privato. Purtroppo quella che pareva essere la punta di diamante di una proposta di legge importante, ma non certo coraggiosa, si infrange nell’emendamento abrogativo presentato dall’onorevole Bagnai della Lega, facente parte della maggioranza. Questo inficia ulteriormente le speranze di una completa applicazione dell’articolo 46 della Costituzione. Vista l’evidente volontà di escludere dalla platea delle possibili imprese, che attuano forme di Partecipazione alla Gestione, proprio le società a presenza pubblica nel capitale azionario. Escludendo quindi l’interessante opportunità di farne invece un laboratorio per procedere all’attuazione del progetto partecipativo. Aggirando così le sempre presenti perplessità datoriali che certo influenzeranno la sua applicazione nel settore privato.
Il capo III definisce le modalità con le quali attuare la “Partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori”. L’articolo 6 fa riferimento alla distribuzione degli utili. Ne prevede una aliquota sostitutiva del 5% fino a 5mila euro nell’ambito di accordi collettivi. La quota di utili redistribuiti deve essere di almeno il 10% del totale.
Risulta poi fortemente ridimensionata la portata dell’articolo 7 che prevedeva piani di partecipazione per l’accesso dei lavoratori a forme di azionariato diffuso. Risulta inoltre soppresso anche l’articolo 8. Prevedeva di dare la possibilità ai lavoratori dipendenti e ai piccoli azionisti persone fisiche di stipulare un accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria.
Uno strumento partecipativo depotenziato
Emblematica è anche la riscrittura dell’articolo 10, ora 7, del capitolo IV, relativo alla “Partecipazione organizzativa dei Lavoratori” che vede la facoltà di promuovere Commissioni Paritetiche, relative ai piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro in capo alle aziende. E non come precedentemente previsto a fronte della contrattazione collettiva.
Il capo V è relativo alla “Partecipazione consultiva dei lavoratori” e anche in questo caso si appalesa un depotenziamento dello strumento partecipativo. Infatti, tolta l’obbligatorietà, rimane la “possibilità” che le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali siano preventivamente consultati in merito a, non più specificate, scelte aziendali. Mentre viene “ovviamente” soppresso l’articolo 13 che prevedeva l’applicazione della norma anche nelle pubbliche amministrazioni. Soppresso anche l’articolo 15 relativo alla consultazione preventiva e obbligatoria negli istituti di credito, nelle banche e nelle imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali. Come risulta soppresso l’intero capo VII che avrebbe dovuto introdurre una serie di meccanismi premiali.
Partecipazione, il caso del CNEL
Il Titolo VIII istituisce la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori presso il CNEL, che si pronuncia con parere non vincolante su eventuali controversie interpretative insorgenti in ordine alle modalità di svolgimento delle procedure previste nelle imprese dei diversi settori. Risulta composta da quindici componenti, un rappresentante del CNEL, un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tre esperti di diritto del lavoro e relazioni industriali o di gestione e organizzazione aziendale, scelti congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro presenti presso il CNEL. Dodici sono designati dalle organizzazioni sindacali dai lavoratori e dei datori di lavoro presenti nel CNEL.
Nella fattispecie sarebbe utile definire meglio la composizione della Commissione. Stante il ruolo della stessa, è fondamentale garantire la massima presenza di tutti i soggetti sindacali e datoriali presenti nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Infine si evidenzia la soppressione dell’articolo relativo alla istituzione del “Garante alla sostenibilità sociale delle imprese”
Una proposta di legge organica
In base a quanto sopra descritto, possiamo, in prima istanza, affermare che si tratta di una proposta di legge organica. Copre le diverse forme di partecipazione che si possono realizzare all’interno delle imprese, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione. Tuttavia è necessario ribadire che l’articolato rimette alle parti la scelta se aderire o meno a forme di partecipazione. Infatti, non esiste un obbligo di introdurre uno strumento partecipativo, rimettendo tutte le decisioni alla contrattazione collettiva. Ciò potrebbe rappresentare un limite, anche se poi molto dipende dalla capacità delle parti, soprattutto del sindacato, di sostenere l’introduzione di strumenti partecipativi.
Un ruolo importante lo potrebbe giocare il Governo. Come? Prevedendo dei meccanismi di sostegno al contrattazione collettiva più consistenti rispetto al presente, soprattutto se l’obiettivo è anche quello di sostenere la previdenza e la sanità integrative, ma questo potrebbe scontrarsi con la reale volontà del Governo stesso e con gli equilibri che attualmente lo sostengono e che hanno già depotenziato la proposta di legge di interessanti contenuti.
Il dibattito a livello nazionale è caratterizzato poi da una sinistra divisa sull’argomento. Ma che lamenta con Cecilia Guerra, responsabile del lavoro del Pd, come il testo sia uscito “amputato del suo nucleo centrale, e cioè il ruolo della contrattazione”. Mentre il Capogruppo in Commissione Lavoro Scotto rivendica al suo partito il merito che la Proposta di Legge di iniziativa popolare, promossa dalla Cisl, diventasse il testo base da cui partire in Commissione, ma accusa il Governo di aver svilito “il protagonismo dei lavoratori nei processi di partecipazione”, lasciando il tutto alla benevolenza di qualche impresa ‘illuminata’ senza codificare il ruolo dei sindacati.
Questo, se da un lato rappresenta la realtà dei fatti, dall’altro dimentica che fine della “partecipazione”. E dello stesso articolo 46 della Costituzione: privilegiare gli elementi di “collaborazione”. E la sovrapposizione di interessi tra Capitale e Lavoro rispetto agli elementi di “conflitto”. Ponendo il Lavoro e i lavoratori a soggetto dell’Economia e non costo della produzione.
La posizione di Confindustria
Confindustria, d’altro canto, mantiene una posizione attendista. Sottolineando che “implementare il coinvolgimento della forza lavoro nella gestione, a vari livelli, della vita delle imprese costituisce una strategia apprezzabile per dotare le stesse di sistemi che consentano di affrontare le transizioni in modo non traumatico, attraverso un’azione sinergica e collaborativa tra tutte le parti coinvolte, con condivisione di obiettivi e responsabilità. D’altronde, l’articolo 46 della Costituzione, nel sancire il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende, ai fini dell’elevazione economica e sociale, prevede espressamente che ciò debba avvenire “in armonia con le esigenze della produzione”. Tuttavia “rimane convinta che, il pur auspicabile, ampliamento degli spazi di collaborazione dei lavoratori con l’impresa non possa derivare tanto da ulteriori e specifici interventi di legge. Ma debba essere il frutto di una crescita consapevole delle relazioni all’interno delle imprese”.
A votare contro saranno certamente AVS e Movimento 5 Stelle. “Spiace che chi ha firmato quella proposta sia stato tradito da una maggioranza e da un Governo che l’hanno usata a proprio uso e consumo”. Queste le parole della capogruppo M5S Valentina Barzotti. “La presenza di un rappresentante dei lavoratori anche nelle società a partecipazione pubblica, prevista nella versione iniziale del testo, è stata cancellata dalla maggioranza”, evidenzia la deputata manifestando “il fondato timore di trovarci davanti a un antipasto del piano di svendita delle quote delle nostre partecipate senza che i lavoratori possano proferire parola”. E anche Landini Segretario della CGIL tuona: “il testo limita la partecipazione dei lavoratori alla semplice presenza nei consigli di amministrazione, indicando una generica partecipazione agli utili e cancellando il rapporto tra salario e reale prestazione lavorativa”.
Destra e Partecipazione
A Destra invece si ricorda “la serie delle proposte di legge che dal 1955 il Movimento Sociale Italiano, spesso in collaborazione con la CISNaL, ha presentato in Parlamento, di legislatura dopo legislatura, per realizzare la partecipazione dei lavoratori alla gestione e ai risultati economici delle imprese. Facendo sempre appello, appunto, alla necessità di attuare il dettato costituzionale, mai poi tradotto in norme di legge.
Infine è importante, comunque evidenziare, come la partecipazione non può essere limitata all’ambito aziendale. Ma deve prevedere livelli di presenza istituzionale e responsabile dei Corpi intermedi. Anche nei processi che riguardano le scelte di politica economica. È evidente che per poter svolgere questa funzione partecipativa è condizione necessaria che il Movimento Sindacale sia in grado di comprendere le dinamiche economiche in atto. E le connessioni che le legano agli interessi dei lavoratori che intende tutelare.
Il rapporto tra Capitale e Lavoro, nel contesto delle attuali trasformazioni del sistema economico mondiale, va ripensato per andare anche oltre il modello di “partecipazione” dei lavoratori ai profitti o comunque al risultato economico dell’impresa, o peggio come semplice infiltrazione dei quadri sindacali nei consigli di amministrazione degli enti pubblici. Esso va allargato nell’ottica di una partecipazione dei lavoratori. Attraverso le loro rappresentanze, alla costruzione di una strategia comune per la gestione collaborativa delle relazioni di produzione coerente con gli obiettivi di sviluppo condivisi. In questa ottica, la crisi dei partiti, del sistema di Democrazia Parlamentare, gli obiettivi limiti e contraddizioni del liberalismo e del liberismo economico, aprono ampi spazi ad un Sindacato Partecipativo. E ritorna opzionabile una ipotesi Corporativa.
Ettore Rivabella