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Silicon Valley: l’informatica lascia il passo alla grande finanza

by Salvatore Recupero
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Roma, 17 nov –  I colossi della Silicon Valley puntano a fare concorrenza alle banche nel campo dei servizi finanziari. Nel giro di un paio di giorni dalla California sono giunte notizie importanti in questo senso. Infatti, Facebook il social media per eccellenza ha deciso di lanciare una nuova piattaforma di pagamento. Si chiamerà Facebook Pay e consentirà a tutti suoi clienti di eseguire transazioni usando anche gli altri satelliti del gruppo fondato legati al gruppo di Menlo Park (Messenger, Instagram e WhatsApp).

Il giorno dopo è arrivata il turno di Google. Il più famoso motore di ricerca del mondo si prepara a entrare con decisione nel mondo dei servizi bancari. Secondo il Wall Street Journal è pronto il lancio di un conto corrente chiamato Cache. Queste notizie confermano che i Big Tech hanno deciso di puntare sui servizi finanziari. Il loro punto di forza sono i dati che sapranno sfruttare meglio di qualsiasi istituzione finanziaria.

Google punta a diventare una banca globale?

Cosa si nasconde dietro al progetto di Mountain View? Questo ancora non è chiaro. In questo momento gli americani hanno deciso di preferire una cooperazione con gli istituti di credito e con i circuiti internazionali di pagamento. Dunque, nessun muro contro muro. Almeno per il momento.

Google darà ai consumatori americani la possibilità di aprire un conto corrente chiamato cache. Quest’ultimo si appoggerà sul gruppo bancario Citgroup. L’obiettivo è quello di coinvolgere il maggior numero di attori possibili. Ed è lo stesso management ad ammetterlo. Le parole di Caesar Sengupta (numero uno dei pagamenti di BigG e responsabile di Google Pay) sono molto chiare: “Vogliamo collaborare con le banche e con il sistema finanziario. Può essere il percorso più lungo, ma è il più sostenibile”.

Sengupta ha spiegato che Google vuole creare valore per gli utenti, per le banche e per chi vende online, con servizi che potrebbero comprendere un programma come le carte fedeltà dei supermercati. Inoltre, ha comunque precisato che Google non venderà i dati dei suoi utenti, in questo caso finanziari. Così come non userà i dati di Google Pay per scopi legati alla pubblicità, dati che non verranno condivisi secondo la società in nessun modo con gli inserzionisti. Certo sarà un po’ difficile credergli ciecamente. L’azienda è stata accusata non solo di aver utilizzato i dati sanitari di 50 milioni di americani, utilizzati senza il loro consenso, ma anche per l’utilizzo dei dati dei suoi smart speaker con Google Assistant, delle app come Google Map che traccia gli spostamenti delle persone. Il possesso di una mole infinita di dati è l’asso nella manica del gruppo fondato Sergey Brin e da Larry Page.

Facebook non si accontenta di una criptovaluta

Tra i big tech della Silicon Valley, il colosso di Menlo Park non sta certo a guardare. Per il momento il gruppo Mark Zuckerberg ha messo da parte l’ambizioso progetto di Libra. Quest’ultima doveva essere “una valuta globale e una infrastruttura finanziaria”, ovvero un bene digitale costruito da Facebook e potenziato da una tecnologia blockchain appositamente creata gestita da una ventina di società private.

L’ostilità di tutte le più grandi istituzioni finanziarie ha convinto i principali partner del progetto (eBay, Visa, MasterCard, PayPal) a fare un passo indietro. La grande finanza evita le guerre intestine, preferisce gli accordi tra gentiluomini. Dopo 5 mesi Zuckerberg tira fuori dal suo cilindro un’altra novità: Facebook Pay. Il nuovo sistema di pagamento potrà essere utilizzato su Messenger, Instagram e WhatsApp. Da quanto è stato rivelato dal vicepresidente Deb Liu alla Cnn, il servizio sarà legato ai principali circuiti di carte di credito e a PayPal: “Vogliamo assicurarci che sia davvero chiaro agli utenti che si tratta di un servizio unificato”, ha detto Liu. A tutti deve arrivare il messaggio che si tratta di un modo più semplice e conveniente per fare degli acquisti.

In realtà il gruppo della Silicon Valley punta a creare un’integrazione che renderebbe ancora più complesso l’eventuale “spacchettamento” della società. Siamo comunque ancora in una fase embrionale. Il servizio di pagamento sarà lanciato entro questa settimana negli Stati Uniti. Ovviamente il gruppo ci tiene a sottolineare che Facebook Pay sarà una piattaforma efficace per raccogliere fondi o per promuovere eventi senza scopo di lucro. La storia ci insegna che i migliori affari si nascondono dietro la foglia di fico della finta carità. Tutto sembra un gioco. Con un semplice click si potrà acquistare un videogame, un biglietto per un concerto ma ci sarà anche la possibilità di fare trasferimenti di denaro da persona a persona e acquisti su Facebook Marketplace.

Digital Giant e Stati: non solo questione di privacy

In pochi però si rendono conto che sul web ogni input lascia una traccia indelebile. Avremo pochi monopolisti che conosceranno le nostre abitudini potranno orientare le nostre scelte a loro piacimento. Chi crede nella neutralità e nella gratuità della rete o è in malafede o è un illuso. Finora l’azione di contrasto dei governi si è limitata alla mera tutela della privacy. Questo, però, non può bastare.

Tornando al tema del rapporto tra i grandi gruppi della Silicon Valley e le grandi istituzioni finanziarie c’è a fare un’ultima ma importante precisazione. Finora le banche centrali e i circuiti internazionali si sono messi sugli scudi per difendere le loro rendite di posizione. Ma, non è detto per che le cose vadano sempre così. La debolezza degli Stati nazionali potrebbe favorire una spartizione di potere tra chi possiede nei suoi server i dati di centinaia di milioni di utenti e i grandi della finanza. È un rischio che non possiamo correre. Se questo scenario si avverasse completamente ogni tentativo di rafforzamento della nostra sovranità sarebbe inutile.

Salvatore Recupero

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