Damasco, 18 gen – Barack Obama ci riprova. Dopo che il Congresso degli Stati Uniti d’America aveva bocciato la sua richiesta di altri 500 milioni di dollari per sostenere i così detti ribelli moderati siriani, il Pentagono, fa sapere che invierà almeno 400 addestratori militari dell’esercito per preparare e addestrare sul campo i guerriglieri anti Assad.
L’obiettivo sembra quello di rilanciare l’aliquota “dem” della guerriglia siriana, quella più istituzionalizzabile, quella che tende l’orecchio ai consigli d’oltre atlantico e anche però quella che fino ad ora è rimasta schiacciata tra l’incontenibile avanzata del califfato Isis e dei Quaedisti del Fronte Al-Nusra.

Agli occhi degli insorti la condotta dell’Esl a guida Usa appare, infatti, troppo timida rispetto alla devastante avanzata Isis o alla tenacia jhiadista del Fronte al-Nustra, tanto che il confine tra ribellione democratica e jhiad terrorista, in Siria più che altrove, sembra oramai estremamente labile.
Per provare ad arginare tutto questo l’amministrazione statunitense ha deciso che sottoporrà i candidati per l’addestramento a rigorosi test psico-attitudinali per testarne l’idoneità.
Le zone o le nazioni che dovranno ospitare tali centri di addestramento ancora non si conoscono, ma si sa che già Turchia, Arabia Saudita e Giordania si sono offerte volontarie.
Da tempo, oramai, la volontà americana è quella di rilanciare la propria azione in Siria appaltata al comitato di liberazione, chiamato Consiglio nazionale siriano con sede a Istanbul e quindi di riorganizzare le file dei ribelli moderati. Un processo di lottizzazione della rivoluzione siriana in cui già tirano i fili paesi vicini della Siria come Turchia, Israele e Arabia in primis.
Il caso turco è il più singolare: dagli albori della sommossa siriana la Turchia ha sempre abilmente giocato il doppio ruolo di ponte istituzionale con l’Europa e gli Usa per le relazioni diplomatiche con le fazioni ribelli, lasciando però anche mano libera alle formazioni Isis di andare e venire dai suoi valichi di frontiera in cui passano armi mezzi e denari per la jhiad.
Si pensi che le due “cooperanti” italiane rapite in Siria e poi liberate, sembra, dopo l’ingente riscatto pagato dai contribuenti, siano transitate proprio da Istanbul prima di raggiungere i campi dei ribelli islamici supportati dalla loro organizzazione.
E non solo: come rivelato dal giornalista Seymour Hersh proprio in Turchia passerebbe la cosiddetta “Rat line”, un canale di approvvigionamento creato dalla Cia, MI6 britannico e servizi segreti turchi che partiva dalla Libia e arrivava nelle aree della rivolta anti Assad. Ad oggi però sembra che il controllo del traffico di questo viadotto della guerriglia sia in mano proprio a Isis che ha scalzato i “moderati” di Obama e che ora ne gode i benefici.
Si apre quindi una nuova fase per l’egemonia della rivoluzione anti-siriana, che ci appare sempre più come una corsa alla leadership delle fazioni in lotta da parte di attori stranieri.
La nuova partita per ospitate i 400 “liberatori” di Obama è apertissima resterà solo da capire come, sul campo, potranno convivere e combattere insieme ribelli moderati made in Usa, quaedisti di Al-Nusra e integralisti del Califfato Isis.
Una vera torre di babele con guerriglieri venuti da più di ottanta paesi in nome della jhiad, della libertà o di una paga, che leggono il Corano dei sauditi, sparano con fucili americani e si fanno curare in Giordania e Israele, per una rivoluzione dei tempi moderni a cavallo tra mondialismo e terrore.
Alberto Palladino

