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Greta e Vanessa: in Siria per sostenere gli jihadisti

by Francesco Meneguzzo
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horryaty-fb-iconRoma, 18 gen – Altro che aiuti umanitari, altro che neutralità: Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, studentesse rispettivamente di mediazione linguistica e culturale e di scienze infermieristiche, le due giovani finte cooperanti riportate in Italia dalla Siria e accolte il 16 gennaio da uno dei più imbarazzanti ministri degli esteri della storia repubblicana, partirono per la Siria la scorsa estate con il programma ben preciso e accuratamente pianificato di distribuire “kit” di salvataggio destinati ai combattenti islamisti anti-Assad – il cosiddetto “esercito  libero siriano – e potrebbero essere rimaste vittime proprio dei loro beneficiari. Tanto riferisce il Fatto Quotidiano, ripreso anche da Libero.

Il Fatto avrebbe avuto accesso, infatti, ad alcune informative riservate dei carabinieri del Ros nelle quali spuntano trascrizioni di intercettazioni telefoniche dell’aprile scorso tra la stessa Greta Ramelli e un siriano 47enne di AleppoMohammed Yaser Tayeb, pizzaiolo in quel di Anzola dell’Emilia, provincia di Bologna, che gli investigatori considerano un militante islamista in quanto legato ad altri siriani impegnati in “attività di supporto a gruppi di combattenti operativi in Siria a fianco di milizie contraddistinte da ideologie jihadiste”.

È così che il progetto delle due pasionarie pro-ribelli “era rivolto a offrire supporto al Free Syrian Army”, che l’occidente sostiene apertamente, ufficialmente in funzione anti-Isis ma almeno originariamente contro il legittimo governo siriano di Bashar Assad, e comunque composto a sua volta da una galassia di gruppi combattenti, alcuni dei quali vicino ad al Nusra, braccio siriano di al Qaeda.

horryaty-fbLe due ragazze, secondo le informative del Ros, erano infatti partite per Aleppo con l’idea di svolgere “un lavoro in favore della rivoluzione”, cosa che con l’appellativo di cooperanti non ha proprio niente a che fare, così come ben poco si accorda con le informazioni riportate sull’account facebook della onlus Horryaty di appartenenza della stessa coppia, che recita “In Italia ci occupiamo di raccolta fondi e sensibilizzazione. In Turchia compriamo gli aiuti e in Siria li gestiamo e distribuiamo in zone diverse”, smentendo infine quanto candidamente riportato sui giornali poco dopo il rapimento.

Chi pensasse che in fondo si trattava di un progetto benefico o innocuo, deve sapere che invece i kit di salvataggio che le due gv-kit_soccorsoeroine dovevano distribuire ai ribelli, riprodotti a fianco (foto tratte da Rainews) sono articoli richiestissimi in tutti i teatri di combattimento, dei veri e propri “salvavita” spesso scarsi e che possono perfino fare la differenza sia sul piano morale che sul numero delle vittime a parità di forza militare.

In una conversazione telefonica, Greta Ramelli avrebbe così riferito a Mohammed Yaser Tayeb: “… un primo corso si terrà prossimamente in Siria con un operatore che illustrerà ai frequentatori”, circa 150 persone tra civili e militari dell’esercito libero, “i componenti del kit di primo soccorso e il loro utilizzo”, specificando poi nei dettagli come avrebbero dovuto organizzarsi i plotoni di combattenti e come documentare la loro missione, per esempio evitando le foto di miliziani per non dare informazioni al regime. Complimenti alle due apprendiste Mata Hari in erba…

Secondo quanto emerso finora dalle indagini, Mohammed Yaser Tayeb potrebbe aver aiutato in buona fede le due militanti rivoluzionarie senza alcun ruolo nel successivo rapimento; tuttavia, lo stesso personaggio risulta in contatto da più di un anno con uno studente dell’università di Bologna, Maher Alhamdoosh, residente a Casalecchio di Reno, passato sotto la lente degli investigatori in relazione ad altri rapimenti avvenuti in Siria: quello dei reporter, tornati in libertà lo scorso anno, Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e della free-lance italo siriana Susan Dabous, finiti per dieci giorni in mano a un gruppo filo-qaedista dopo nemmeno 24 ore il loro arrivo in Siria.

bandiere_siriaIl 26 aprile scorso uno colloqui più interessanti, sempre riferito dal Fatto Quotidiano, in cui Greta illustra a Tayeb dettagli e spirito del progetto condiviso con Vanessa: “Greta dice a Tayeb – annotano gli investigatori – che quello a cui tengono di più, soprattutto lei e Vanessa, è far capire che il loro lavoro si svolge in favore della rivoluzione e dell’aiuto umanitario, che il loro sito ha come simbolo la bandiera della rivoluzione a differenza di tutti gli altri che lavorano sotto l’egida della neutralità; che sono state protette dall’Esercito Libero e che loro (quelli dell’Esercito Libero, ndr) non sono l’Isis, infatti in alcune zone non indossavano neppure il velo”.

Il resto è cronaca e dettagli, consultabili sull’articolo del Fatto. Quello che rimane è che lo Stato Italiano ha pagato un riscatto altissimo, e non si sa cosa altro abbia eventualmente negoziato, per riportare a casa due persone partite per sostenere attivamente e concretamente una parte combattente contro un governo legittimo di uno Stato sovrano dotato di scranno all’Onu, rapite ma – per fortuna, s’intende – trattate molto meglio di chiunque altro sia stato rapito in quelle terre.

Francesco Meneguzzo

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