Naypyidaw, 1 set – Pulizia etnica. Non ci sono altre parole per chiamare questo genere di tragedie. In Birmania – Repubblica dell’Unione del Myanmar – è divenuta una costante prassi politica da molti anni ormai. Genocidio se si preferisce, l’attuazione cioè, della costante, inesorabile e crudele rimozione delle componenti sgradite della nazione. Avviene a colpi di mortaio ed arriva nella giungla in profondità con gli stivali dei soldati, che schiacciano i germogli di riso e affogano i bambini Rohingya nelle acque torbide dei fiumi. Arriva con gli elicotteri da guerra, comperati in India, fin sulle vette impervie del triangolo d’oro – al confine con la Cina- per stanare gli irriducibili Shan. Arriva con gli stupri e le mine anti uomo, piazzate nelle risaie e nelle scuole nei territori dei Karen che non si arrendono allo sterminio. Tutto questo è accaduto da sempre in Birmania, perche da sempre al potere si è arroccata ed ha prosperato la giunta militare più feroce e violenta che la storia contemporanea ci possa offrire, più sobria e razionale del nord coreano Kim Jong-un, più longeva di Pol Pot, non ha rivali in brutalità. Capace qualche anno fa di farsi protagonista di una inversione radicale per la storia politica birmana. Elezioni libere, o quasi, e la liberazione e la conseguente elezione della “pasionaria” dei diritti civili Aung San Suu Kyi. Dopo diciotto anni di arresti domiciliari e la conseguente esclusione coatta di lei e del suo partito dalla vita pubblica del paese “the lady”, cosi la chiamavano i suoi seguaci quando anche pronunciare il suo nome in pubblico poteva rivelarsi pericoloso, è entrata trionfalmente in parlamento ottiene importanti dicasteri ( educazione, energia etc) che lascia solo per diventare consigliere di stato (primo ministro ndr) dal 6 aprile 2016.
Il prezzo del sangue

Ma chi sono i Rohingya?
Sono un gruppo etnico tra i tanti che compone il mosaico tribale birmano, parlano un dialetto indoeuropeo del ramo delle lingue indoarie e sono musulmani. La loro origine è molto discussa e gli storici si dividono su chi li vorrebbe provenienti dal Bangladesh e chi invece afferma che siano indigeni. Sta di fatto che la loro lingua è legata alle parlate degli Indo-Ariani di India e Bangladesh, in contrapposizione alle lingue in prevalenza sino-tibetane del Myanmar. Circa 800 000 Rohingya vivono in Myanmar oggi e secondo i rapporti delle Nazioni Unite essi sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo. Relegati in campi profughi sul confine o dispersi nel mondo oggi i Rohingya sono un popolo sull’orlo dell’estinzione. Nelle scorse settimane più di 50000 Rohingya sono scappati dai loro villaggi e almeno 27000 di essi hanno dovuto attraversare il fiume Naf che separa la Birmania e in Bangladesh in una traversata da incubo dove almeno venti bambini avrebbero trovato la morte.
Un nuovo Aylan.

Alberto Palladino
2 comments
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Non ho parole….