Roma, 13 ott — La Germania non fornirà più ai cittadini i tamponi gratuiti a carico dello Stato per incentivare alla vaccinazione chi ancora non vi si è sottoposto. È «una questione di equità per i contribuenti», puntualizza il ministro della Salute, Jens Spahn. «Tutte le persone a cui è stato raccomandato e che volevano vaccinarsi hanno potuto farlo».
In Germania i tamponi li pagano i datori
Ma c’è un «ma» bello grosso: per i lavoratori, di fatto, i test rimarranno gratuiti: sebbene per lavorare non occorra il CovPass (cioè il green pass tedesco) le aziende sono obbligate a fornire ai propri dipendenti che ne fanno richiesta almeno due test a settimana. Di fatto, quindi, un cittadino non vaccinato può fare richiesta di tamponi al proprio datore di lavoro e, con il risultato negativo del test, può essere in grado di andare al cinema, a mangiare al ristorante o a un concerto e tutte le attività per cui è previsto l’obbligo di esibire il CovPass. I tamponi, inoltre, rimangono gratuiti per i minorenni e gli esenti per motivi sanitari.
Ma Berlino spinge per le vaccinazioni
Per spingere i cittadini a vaccinarsi, il governo tedesco ha deciso di non pagare più i giorni di malattia a tutti i non vaccinati che contrarranno il Covid. «Perché altri dovrebbero pagare per il fatto che qualcuno ha deciso di non farsi vaccinare?», ha detto il ministro della Salute Spahn. E per i vaccinati che hanno contratto il Covid? Per loro lo Stato si farà carico di pagare la malattia. Il «premio» per i bravi cittadini che si sottopongono all’inoculazione. «Mettere i tamponi a pagamento spingerà molti più cittadini a fare l’iniezione, perché vorranno evitare di farsi testare regolarmente». Ne è sicuro il responsabile della Salute dei socialdemocratici Karl Lauterbach. Decisione che ha fatto inalberare la sinistra radicale della Die Linke. La fine dei tamponi a carico del Ssn «renderà più difficile tracciare le catene di infezione e lo sviluppo dell’incidenza dell’infezione – e questo non aiuta nessuno», ha affermato la leader Janine Wissler.
Cristina Gauri
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La pasta è la stessa.