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La Turchia minaccia di chiudere la base aerea Usa di Incirlik

by Paolo Mauri
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Ankara, 7 gen – Senza dubbio la Turchia di Erdogan sta sfruttando al meglio tutte le occasioni date dal mutare della situazione internazionale, e soprattutto da quanto avvenuto in questo 2016 che ha visto una piccola rivoluzione venire a compimento in quel di Ankara. A dare il passo al nuovo viatico di Erdogan in questo nuovo anno arrivano le dichiarazioni del suo portavoce Ibrahim Kalin in un’intervista alla tv Kanal 24 che afferma come la Turchia abbia diritto di chiudere la base aerea di Incirlik all’utilizzo da parte degli americani.

Incirlik, nei pressi della città turca di Adana, è da sempre una base Nato che ha permesso, e permette, alle forze armate americane di avere una testa di ponte protesa nel Medio Oriente ed una importante base di partenza per i pattugliamenti verso il Caucaso ed il Mar Nero sin dai tempi della Guerra Fredda. Ora da quella base decollano gli aerei della coalizione che stanno combattendo l’Isis in Siria ed in Iraq. Per capire perchè il Governo turco sia arrivato a tanto è necessario partire da alcune considerazioni su quanto sta accadendo in Siria e sul ruolo delle milizie curde: secondo gli Stati Uniti il YPG, le forze curdo-siriane che stanno combattendo il Califfato, ma che in passato hanno anche affrontato l’Esercito di Assad, sono un alleato prezioso e pertanto, oltre ad essere armate ed addestrate dai vari consiglieri militari, ricevono regolare appoggio aereo durante le loro azioni. Secondo Ankara però, questa milizia viene considerata alla stregua di una organizzazione terrorista, in quanto volta a minacciare l’integrità della Turchia propugnando l’idea di un Curdistan indipendente. Da qui lo scontro tra le diplomazie di Washington e Ankara sulla questione con la minaccia di chiudere la base aerea di Incirlik alle forze americane. A questo si aggiungono le parole del Ministro della Difesa turco Fikri Isik, secondo il quale la mancanza di supporto della Coalizione internazionale anti-Isis, e in particolare degli Usa, nell’offensiva turca contro la roccaforte del Califfato di al-Bab, nel nord della Siria, “Sta causando una seria delusione nell’opinione pubblica” e “portando a discussioni su Incirlik”. 

Duplici quindi le accuse di Ankara verso l’alleato americano, ma pur sempre viene ribadito il concetto che gli Stati Uniti sono un alleato importante per la Turchia vista la cooperazione in ogni ambito, come ha sostenuto lo stesso Ministro degli Esteri Cavusoglu, pur sottolineando come ci sia attualmente una crisi in questo rapporto di fiducia tra le due nazioni. Erdogan quindi sta approfittando di questo periodo di transizione nell’esecutivo americano per fare pressione sul suo alleato storico, avanzando nel contempo alcune richieste di carattere politico che hanno acquisito un peso sempre maggiore a seguito del fallito golpe di luglio: viene infatti esplicitamente richiesta da Ankara l’estradizione di Fetullah Gulen, che Erdogan ritiene sia l’ideatore del colpo di mano dell’estate scorsa. Estradizione sino ad ora negata dal Dipartimento di Stato americano, forse anche per evitare imbarazzi sui collegamenti che legano Washington a quanto accaduto nel luglio scorso.

Come spesso accade tra i due litiganti si instaura il terzo incomodo, in questo caso la Russia, che infatti non ha perso occasione di fornire il proprio supporto aereo e, secondo indiscrezioni, anche unità di forze speciali inviate da Mosca, in occasione dell’offensiva delle forze turche presso al-Bab a fronte del diniego da parte della Coalizione a guida Usa. Del resto è ormai chiaro a tutti come la Turchia stia riuscendo, attraverso questi giochi sul piano degli accordi internazionali, a diventare una reale potenza d’area, come prefissato da Erdogan, al punto da essere invitata a Mosca come interlocutore sul piano di pace russo in Siria. Conferenza nella quale è emersa, lo ricordiamo, la necessità di non appoggiare più alcune milizie che stanno combattendo in Siria come Hezbollah, e, immaginiamo, anche la stessa YPG curda, che è sempre stata appoggiata dalle forze “occidentali”. Riteniamo che la mossa di Erdogan di minacciare di chiudere Incirlik serva solo per cercare di porsi in posizione di forza nei colloqui con la nuova amministrazione Trump, soprattutto agitando lo spauracchio di un possibile ingresso della Turchia nella sfera di influenza militare russa.

Paolo Mauri  

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