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Da Milano a Genova, da Ramelli a Venturini: fascismo e antifascismo non si possono equiparare

by Marco Battistini
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Roma, 13 mag – In un balbettante articolo di qualche giorno fa, uno strano ragionamento ideologico sulla memoria di Stefano Ramelli, Il Fatto Quotidiano teneva a precisare che “no, non si può equiparare fascismo e antifascismo”. Così, proprio come il classico orologio rotto che segna l’ora esatta due volte, possiamo concordare con la conclusione del giornale diretto da Gomez e Travaglio. Sia chiaro, partendo da posizioni e seguendo logiche diametralmente opposte.

L’articolo del Fatto Quotidiano

Ovviamente i punti di contatto finiscono qui. Anche perché, molto riduttivamente, nell’articolo l’antitesi tra fascismo e antifascismo viene letta quasi solamente attraverso quel controverso periodo che conosciamo oggi come anni di piombo. 

Passaggio storico analizzato oltretutto con la solita contrapposizione giustificazionista del bene contro il male (assoluto): secondo Il Fatto Quotidiano – sic et simpliciter – uno “scontro asimmetrico con da una parte organizzazioni che, a dispetto di parole d’ordine violente e spesso assurde, e di atti a volte terribili e criminali, difendevano pur con mille errori la democrazia costituzionale”. Lasciamo immaginare al lettore il colore della parte discolpata.

Antifascisti senza vergogna

Ora, potremmo contrapporre fascismo e antifascismo attraverso mille chiavi di lettura. Spiegando che il primo fu affermazione, mentre il secondo reazione, quindi negazione. Uno è geneticamente forza centripeta – il famoso fascio di verghe – l’altra dispersione centrifuga (lo vediamo ogni 25 aprile, l’ha dimostrato pure la faida di San Lorenzo). Si potrebbe parlare di guerre perse sul campo di battaglia e milizie irregolari salite sul carro dei vincitori. E così via, l’elenco sarebbe davvero lunghissimo.

Preferiamo affidarci alla cronaca recente. Ovvero agli ultimi casi avvenuti nel milanese tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, proprio nei giorni in cui l’area identitaria si è stretta – marziale, composta, silenziosa, educata e pulita – nel ricordo di Sergio Ramelli. Come il furto della corona di fiori in zona Città Studi. O l’asportazione di un targa nel giardino intitolato allo stesso ragazzo a Cassano d’Adda. Incommentabili, invece, i fatti di Sesto San Giovanni. Nella Stalingrado d’Italia qualche antifascista ha addirittura defecato sul monumento a Ramelli e Pedenovi – opera inaugurata un paio di settimane fa – lasciando la scritta “Omaggio quotidiano a due fascisti”. 

La pietra angolare dell’antifascismo

Da Milano a Genova. Gli antifa liguri hanno annunciato una manifestazione per venerdì prossimo, pubblicizzando un manifesto in cui compare Ugo Venturini – operaio missino ucciso il primo maggio 1970 con una bottigliata alla testa – a testa in giù. Per l’occasione il coordinamento regionale di Fratelli d’Italia ha chiesto alla sinistra istituzionale che “crede nella democrazia e nel rispetto” la condanna  dell’oltraggio.

Fiato sprecato, probabilmente. E qui torniamo alle conclusioni del Fatto Quotidiano, a quel “no, non si può equiparare fascismo e antifascismo”. Ognuno d’altronde proietta nel futuro l’eredità storica di cui si vuol far carico. E allora da una parte troviamo chi, portando la fiaccola della Tradizione, si atteggia davanti alla morte – di qualunque morte – e al ricordo di essa rinnovando pietas (rapporto tra uomo, antenati e divino) e gravitas – dignità, serietà, autocontrollo. Dall’altra chi ha fatto dello scempio di Piazzale Loreto il proprio mito di fondazione, del vilipendio di cadavere la propria pietra angolare.

Marco Battistini

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